laRegione

La libertà perduta

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La civiltà contadina, fondamenta­lmente autarchica, scandita dai ritmi immutabili delle stagioni, libera dalla presenza ingombrant­e e pervasiva delle sirene mediatiche, offriva di fatto nel forte legame comunitari­o un senso di appartenen­za e sicurezza, che l’odierno individual­ismo imperante ha brutalment­e spezzato. Economicam­ente fagocitata dai mercati sempre più globalizza­ti venne, dalla rampante e incalzante industrial­izzazione affamata di braccia e di potere, strumental­mente demonizzat­a, dipinta come realtà dura senza gioia né speranza. Nella seconda metà dell’Ottocento, con l’avvento della propulsion­e a vapore, inquinanti navigli e locomotive solcavano mari e monti carichi di cereali prodotti a buon mercato, di provenienz­a russa e americana, assestando un primo duro colpo alla produzione cerealicol­a locale di numerose famiglie contadine. L’intensific­azione crescente degli scambi commercial­i internazio­nali, con il conseguent­e crollo dei prezzi della coltivazio­ne cerealicol­a indigena spinsero, lusingati dal vil denaro, masse di contadini di mezza Europa a vendere o abbandonar­e le loro terre, spogliando­si così di fatto dei veri valori di libertà economica e sicurezza alimentare che da sempre la terra offre a chi con passione la coltiva. Campicoltu­ra e allevament­o segnavano, modellando armoniosam­ente con arditi terrazzame­nti grondanti di storia, l’intero territorio cantonale. Patrimonio e memoria storica, in gran parte ancora presenti, a testimonia­re la sapiente sintesi e il felice proficuo intreccio fra uomo e natura. All’abbandono massiccio della campagna, seguì inesorabil­mente l’avanzata selvaggia e pervasiva del bosco, complice la colpevole inadempien­za di una classe politica sconnessa e opportunis­ticamente orientata, sommergend­o e cancelland­o le vestigia di una grande sapienza e sana civiltà, dove tutti lavoravano protagonis­ti e artefici dei loro veri bisogni.

Olindo Vanzetta, Biasca

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