Morte di Mirabelli senza responsabili
La morte del 54enne minatore Pietro Mirabelli, avvenuta sul cantiere AlpTransit di Sigirino nel 2010, non ha un colpevole. La Corte di appello e di revisione penale (Carp) ha accolto gli appelli dei due imputati che erano stati condannati lo scorso mese di settembre. E li ha prosciolti dall’accusa di omicidio colposo per “importanti e gravi lacune istruttorie, da ricondurre in particolar modo alla mancanza di accertamenti nelle prime fasi subito dopo la tragedia”, recita la nota diramata mercoledì dalla Carp. Lacune così decisive da rendere impossibile dimostrare “alcun errore nello svolgimento dei lavori di scavo e di messa in sicurezza della galleria o nella manovra del grosso macchinario”. La Carp parla di “assenza di un nesso causale naturale e adeguato tra gli atti e le omissioni ascritte agli imputati”, e riporta che l’esito “si fonda anzitutto sulla constatazione che ad aver causato la morte del minatore è l’essersi trovato esattamente sotto al punto di distacco di un grosso masso di granito e, meglio, sotto al punto in cui la lancia di uno dei bracci della macchina perforatrice Jumbo era entrata nella volta della galleria per eseguire la perforazione di un ancoraggio. Non è stato dunque il suo semplice portarsi davanti alla trivellatrice ad averlo messo in una situazione di pericolo rispetto alla caduta massi dalla volta, ma proprio l’essere andato sotto al braccio che stava lavorando”. In prima istanza, invece, il presidente della Corte delle assise correzionali di Lugano, Mauro Ermani, aveva prosciolto l’operaio alla guida della perforatrice ma condannato il caposciolta 58enne a 90 aliquote giornaliere di 90 franchi l’una e l’ingegnere 50enne responsabile della sicurezza del cantiere a 150 aliquote di 170 franchi ciascuna (pari a 25’500 franchi). Lo stesso Ermani aveva peraltro criticato senza mezzi termini le indagini e la perizia giudiziaria, allestita a oltre due anni dai fatti, perché hanno pregiudicato l’inchiesta. “Quanto rimproverato agli imputati”, prosegue la Carp, “non è risultato essere una conditio sine qua non dell’incidente mortale”. Inoltre, “l’atteggiamento della vittima è risultato a tal punto imprevedibile e straordinario da relegare in secondo piano” il comportamento degli imputati, “facendolo divenire, anche qualora, per ipotesi, ne fosse stata una condizione, concausa irrilevante del decesso”.