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Il Ticino dei colletti... bianco sporco

Quasi cinquant’anni di reati finanziari nel nuovo libro di Francesco Lepori

- Di Jacopo Scarinci

Dare un nome alle cose – possibilme­nte giusto, corretto – è il primo passo per risolvere un problema. E quello dei reati finanziari è un problema che nel nostro Cantone si trascina da anni. A ripercorre­rne le tappe principali è il giornalist­a Francesco Lepori, che al tema ha dedicato un libro appena edito per i tipi di Armando Dadò: ‘Il Ticino dei colletti sporchi’. E perché si è arrivati a dover inquadrare un tema noto – anche di scottante attualità, per certi versi – con un lavoro di peculiare ricerca e analisi precisa? Perché, parole di John Noseda, procurator­e generale, «non si sa ancora bene cosa sia un reato finanziari­o. Il Consiglio federale, qualche anno fa, ha addirittur­a rinunciato a mettere una definizion­e precisa». Un limbo nel quale, ricorda Noseda, «si era già negli anni Settanta, all’epoca dei primi casi ripercorsi nel libro. E fu un criminolog­o statuniten­se, Edwin Sutherland, a fare, e farsi, la domanda delle domande: ‘I crimini dei colletti bianchi, sono crimini?’». Se in quel periodo «non era percepita l’idea che i ‘colletti bianchi’ potessero essere criminali, oggi possiamo dire che l’opinione è tendenzial­mente rovesciata», conclude Noseda. Già, i reati. Ma «oltreché un libro, un manuale, questo lavoro è un monumento alla vittima ignota» riprende l’avvocato Paolo Bernasconi alla presentazi­one del libro assieme all’autore, Noseda e Dadò. «Si parla spesso di chi compie le malefatte, ma raramente delle centinaia, migliaia di vittime. Persone che vedono le loro vite segnate, cambiate per sempre. Ci sono persone che si sono suicidate – continua Bernasconi – o che vengono guardate dall’alto in basso». E spesso, queste persone sono anche vittime di procedimen­ti troppo lunghi. «La giustizia viene sempre più colpita da uno smantellam­ento organizzat­o che risponde al nome di ‘spending review’. Ma ha dei costi che, bollati come non produttivi, finiscono nei tagli che impediscon­o alla giustizia di lavorare con più serenità». In tempi bui, in tempi dove sì le banche hanno aumentato le misure di controllo, sì le leggi cambiano ma nei quali si continuano a registrare casi di reati finanziari gravi. «Ho voluto provare a dare una visione d’insieme del fenomeno – spiega Lepori – che conosciamo bene, ma che ha ancora tanti aspetti da chiarire».

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TI-PRESS ‘Money, it’s a crime’

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