Il rapporto torna in Governo
Il Nazionale vuole che il Consiglio federale rifaccia i compiti sulla politica agricola dopo il 2022
Per una maggioranza della Camera del popolo (Udc e Ppd in primis), accordi di libero scambio e agricoltura vanno tenuti separati
A fine aprile Johann Schneider-Ammann ha detto che prima di lasciare il Consiglio federale (al più tardi a fine legislatura) vuole creare qualcosa di buono nella politica agricola insieme ai contadini. Non sarà facile. Ieri sera il Consiglio nazionale ha imposto una frenata ai piani del ministro dell’Economia e dei suoi colleghi di governo. Con 108 voti (in buona parte tra i ranghi di Udc, Ppd e Pbd) contro 74 e 7 astensioni, la Camera del popolo ha optato per un rinvio al Consiglio federale del rapporto nel quale quest’ultimo traccia le linee guida della politica agricola a partire dal 2022. Lo si vedeva arrivare. I rappresentanti del mondo agricolo sono da mesi ai ferri corti con il consigliere federale bernese. La pubblicazione, lo scorso novembre, dell’‘Analisi globale dell’evoluzione a medio termine della politica agricola’, che preconizza un’apertura dei mercati, ha fatto andare su tutte le furie il presidente dell’Unione svizzera dei contadini, il consigliere nazionale Markus Ritter (Ppd/Sg). E la solerzia con la quale i servizi di Schneider-Ammann negoziano un accordo di libero scambio con i Paesi sudamericani del Mercosur (dove Schneider-Ammann s’è recato a inizio maggio) non contribuisce a rasserenare gli animi. Buona parte del mondo agricolo teme in particolare che, abbassando le barriere doganali e favorendo l’arrivo sul mercato elvetico di prodotti a buon mercato provenienti dall’area Mercosur, verranno spinti verso il basso i prezzi della carne di manzo e di pollo, dello zucchero e di altri prodotti agricoli indigeni. Per i contadini il rapporto governativo «è uno schiaffo in piena faccia», ha detto Marcel Dettling (Udc/Sz). Ritter: con lo scenario preferito dal Governo i contadini perderebbero 600 milioni l’anno. Le conseguenze per le famiglie agricole sarebbero molto pesanti, gli ha fatto eco Toni Brunner (Udc/Sg), relatore della maggioranza commissionale. Per l’ex presidente dell’Udc, è inutile portare avanti un rapporto sul futuro della politica agricola, sapendo che le iniziative popolari sulle quali si voterà nei prossimi tempi potrebbero obbligare il Governo a rivedere in profondità i suoi piani. Il plenum ha seguito in toto le proposte della commissione. Il Consiglio federale dovrà quindi rielaborare il proprio rapporto, secondo quattro criteri: valutare l’attuale politica agricola, prima di metterne in cantiere un’altra; trattare i futuri accordi di libero scambio al di fuori della prossima riforma agricola; tener conto dell’articolo costituzionale sulla sicurezza alimentare; rivedere lo scadenziario, in modo da tenere conto dell’esito di future votazioni popolari (alimenti equi, sovranità alimentare, acqua potabile sana ecc.). Ieri il Nazionale ha pure approvato un postulato che chiede al Governo di elaborare un rapporto sull’influsso della protezione doganale sui settori e sulle industrie a monte e a valle dell’agricoltura. Beat Walti (Plr/Zh), a nome della minoranza della commissione, si è battuto invano a favore del rapporto governativo, giudicato «un’interessante e utile valutazione». Rinviarlo al Consiglio federale sarebbe «una prova di forza» nei confronti del Governo ed equivarrebbe a «mettere la testa sotto la sabbia». Il plenum non ha ascoltato però gli inviti rivolti da lui e da diversi esponenti dei Verdi-liberali e dalla sinistra. Il ministro dell’Economia Johann Schneider-Ammann, dal canto suo, non se l’è presa troppo. Il Consiglio federale resta dell’idea di lanciare la procedura di consultazione sul futuro della politica agricola alla fine di quest’anno.