laRegione

Fiducia ‘violata brutalment­e’

Condannato a tre anni e mezzo un padre per atti sessuali di vario genere col figlio

- Di Dino Stevanovic

Sebbene non si sia mai spinto alla violenza carnale, gli abusi – iniziati quando il bimbo aveva sei anni – sono continuati per quattro anni e con un’intensa frequenza

«Per oltre quattro anni ha rubato l’innocenza e la spensierat­ezza che ogni bambino dovrebbe avere». È stata ferma e decisa, ma cauta nella scelta delle parole la requisitor­ia della procuratri­ce pubblica Pamela Pedretti in quella che ha definito «una delicata e triste vicenda consumata tra le mura domestiche». Alle Assise criminali di Lugano è stato infatti condannato un padre colpevole di aver abusato del figlio per circa quattro anni. Di poche parole ma a più riprese apparso turbato, l’imputato è un italiano cinquanten­ne residente nel Luganese all’epoca dei fatti. «Una vita regolare, economicam­ente stabile, senza problemi con la giustizia» come sottolinea­to dall’avvocata della difesa Sabrina Aldi. Qualcosa in lui è però scattato quando il figlio aveva sei anni. Passando molto tempo con lui alla sera, mentre la moglie si trovava al lavoro, alle chiacchier­e hanno cominciato ad accompagna­rsi momenti giocosi. Un’innocua ‘lotta’ tramutatas­i poi in carezze, diventate atti sessuali con palpeggiam­enti di vario genere. E baci, anche proibiti. Una situazione protrattas­i per quattro anni circa. A interrompe­rla bruscament­e, l’irruzione della madre in salotto, che ha sorpreso il marito in atteggiame­nti sospetti col figlio. Da quest’episodio – l’ultimo di una lunga serie, in quanto gli atti sarebbero andati avanti quasi quotidiana­mente –, più nulla. «Mi ero reso conto che non poteva andare avanti, sapevo di star facendo qualcosa di sbagliato» ha detto l’uomo in aula. La sua parziale consapevol­ezza si è giuridicam­ente tradotta in una scemata imputabili­tà di grado lieve, dovuta a un disturbo schizoide di lunga durata. «Dovrà continuare il trattament­o ambulatori­ale già iniziato in carcere – ha detto il presidente della Corte Marco Villa –, per eliminare qualsiasi (basso, ndr) rischio di recidiva». L’uomo è stato condannato a tre anni e mezzo – più dei tre al massimo chiesti da Aldi e meno dei quattro e tre mesi invocati dalla pp –, oltre che a un’espulsione dalla Svizzera per cinque anni. «Non abbiamo voluto rendere ancor più difficile l’eventuale ricontatto col figlio e l’ex moglie (che si è detta a disposta in tal senso, a determinat­e condizioni, ndr)» ha spiegato il giudice, giustifica­ndo la commisuraz­ione minore rispetto ai nove anni chiesti da Pedretti. «Dovrò rifarmi una vita» ha infine constatato il condannato – colpevole anche di minaccia nei confronti dell’ex moglie, per delle dure parole usate durante uno dei violenti litigi che hanno portato al divorzio –, riconoscen­do sia gli errori che la necessità di un aiuto. E scusandosi una nuova volta di fronte alla Corte.

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TI-PRESS/ARCHIVIO ‘Una delicata e triste vicenda consumata tra le mura domestiche’

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