‘C’era un progetto per ripartire, ignorato dall’editore’
“Si sono fatti avanti diversi imprenditori del Canton Ticino (...) Sottoposto loro un business plan per ripartire, si è riusciti in brevissimo tempo a raccogliere i finanziamenti necessari per metterlo in opera. Ma questo progetto non è stato preso in considerazione dall’editore”. Parole pesanti come pietre quelle scritte ieri dalla direzione del Giornale del Popolo, rese note poco dopo la presa d’atto del decretato fallimento della testata sancito dal pretore. Detta altrimenti, la Curia sarebbe rimasta sorda e muta davanti a “oltre a migliaia di abbonati e sostenitori del GdP, che hanno dato piccole e preziose donazioni”, così come “diversi imprenditori, convinti che la mancanza di un quotidiano cattolico nella Svizzera italiana (fra l’altro l’unico rimasto in tutta la Svizzera) sia una grave perdita”. Che i rapporti fra direzione del GdP e editore si fossero incrinati, lo si sospettava da un po’. Ieri se n’è avuta palese e pubblica conferma. La direzione, si precisa ancora nella nota inviata ai media, “di fronte al comunicato odierno diramato dalla Curia [che annuncia il fallimento, ndr], esprime perplessità per le scelte e le modalità intraprese dall’editore”. E si cita, a titolo di esempio, che lasciare intendere “che il fallimento di Publicitas [l’agenzia che raccoglieva pubblicità, ndr] comprometterebbe il 40% dei ricavi societari annui del giornale è inesatto”. E questo perché “si dimenticano le entrate garantite dai nostri abbonati, inoltre da inizio maggio la direzione aveva individuato una nuova agenzia che avrebbe continuato a raccogliere pubblicità per la testata, ma la cui offerta non è stata presa in considerazione”. Come dire, non si è voluto cercare un piano B. E non ultimo, “si parla poi di crescenti difficoltà finanziarie: ci si permette però di osservare che l’appello lanciato tre settimane fa dal giornale ha avuto pieno successo”. Non tale, replica però la Curia, per garantire davvero il futuro del GdP (vedi articolo sopra). Sempre ieri, intanto, i sindacati e le associazioni di categoria syndicom e Atg Impressum hanno preso atto “di quanto dichiarato nei giorni scorsi dall’editore e ribadiscono la necessità che disponga di un fondo di solidarietà in tempi brevi per aiutare i dipendenti in questo momento di difficoltà”. I sindacati e le organizzazioni professionali chiedono poi di essere coinvolti “nel definire i criteri di ridistribuzione di questi soldi”. Il tutto, si aggiunge, “è necessario avvenga con la massima urgenza e generosità” per far sì che le conseguenze della sentenza del pretore “non vengano scaricate unicamente sulle spalle dei collaboratori, gli unici totalmente incolpevoli in questa triste vicenda”. Dipendenti che oggi torneranno a riunirsi nella sede del giornale.