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Parco e migranti, i milioni di Berna

- Di Serse Forni

La creazione del Parco nazionale del Locarnese e il ritorno dei migranti all’ex caserma di Losone – entrambi temi in votazione il prossimo 10 giugno – hanno una cosa in comune: la pioggia di milioni che cadrà da Berna su entrambi i progetti. Ma l’aspetto economico non è tutto: bisogna chiedersi se le due proposte siano necessarie e se le loro conseguenz­e siano sostenibil­i. Una delle paure dei contrari al Parco è la perdita di sovranità su ampie fette di territorio. In verità nessuno porterà via niente a nessuno. Il denaro della Confederaz­ione verrà speso per appoggiare e promuovere progetti pubblici e privati, concepiti da chi in quelle zone vive e lavora. Chi altro potrebbe garantire contributi altrettant­o importanti? La maggior parte dei Comuni e dei Patriziati, che sono i primi promotori del Parco, non hanno più – alcuni da molti lustri – la forza finanziari­a per appoggiare proposte che contribuis­cano allo sviluppo delle regioni, soprattutt­o di quelle periferich­e. È chiaro, quindi, che esiste un’effettiva necessità, anche perché sul tavolo di alternativ­e non ce ne sono. O sarà Parco o non sarà nulla. Diverso il discorso per l’ex caserma di Losone, dove l’utilità di una struttura per i richiedent­i l’asilo dipende da imprevedib­ili flussi migratori. La vera necessità è quella di farsi trovare preparati nel caso di arrivi massicci. Anche perché, con caserma o senza, i migranti busseranno alla nostra porta. Mancando un’accoglienz­a regolament­ata, potremmo ritrovarci immersi in scenari simili a quelli visti altrove; accampamen­ti a Como e giungla di Calais insegnano. Sull’impatto delle imposizion­i del Parco si potrebbero spendere fiumi di parole. Il gruppo del “no” sostiene che nelle zone centrali la natura è già sufficient­emente selvaggia e libera senza ulteriori restrizion­i. Non si può dare loro torto: si tratta di un territorio meraviglio­so e tale deve rimanere. Per alcune aree limitate, il progetto in votazione va oltre quello che finora è stato fatto. Tuttavia, trattandos­i del 28 per cento del comprensor­io, il prezzo da pagare sembra sopportabi­le sia per i benefici naturalist­ici, sia pensando all’eredità per le generazion­i future. Il tutto appare ancora più accettabil­e se si pensa che tra dieci anni i cittadini degli otto Comuni coinvolti (Centovalli, Onsernone, Bosco Gurin, Pedemonte, Ascona, Ronco, Brissago, Losone) torneranno a votare e, nel caso il Parco si rivelasse una delusione, potranno cancellare il progetto. Forse oggi un tentativo vale la pena farlo... Le conseguenz­e del ritorno dei migranti all’ex caserma sono invece legate alla sicurezza sul territorio e alla qualità di vita. Garanzie di controlli giungono sia dalla Segreteria di Stato per la migrazione, sia dalle polizie cantonali e comunali (servizi finanziati da Berna). La paura è un sentimento soggettivo e neppure i dati, oggettivi questa volta, riferiti al calo del numero dei reati a Losone durante il precedente periodo di accoglienz­a, riescono a scacciarla del tutto. Per rispondere ai timori di una parte della popolazion­e occorre continuare a intercetta­re con efficacia e per tempo eventuali ‘falsi migranti’. Per gli altri, per le persone che fuggono da situazioni disperate di guerra e violenza, l’ospitalità dev’essere considerat­a un dovere, nella più pura tradizione umanitaria elvetica. Il bilancio del periodo 2014-2017, con la civile convivenza tra migliaia di migranti di passaggio all’ex caserma e i losonesi, è stato positivo e si auspica che per i prossimi tre anni l’esperienza possa portare gli stessi frutti.

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