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Nuove officine: di gatti e volpi

- Di Ferruccio D’Ambrogio

“Sulla carta le idee appaiono più che buone. Bisognerà ora saperle realizzare e implementa­re, sin d’ora consci che non sarà un gioco da ragazzi e che i gatti e le volpi di collodiana memoria – i quali solitament­e si aggirano con proposte mirabolant­i alla ‘campo dei miracoli’ – non mancherann­o neanche questa volta”. Così il Direttore di questo giornale conclude il suo editoriale del 6 giugno in cui ha illustrato i tre benefici (piccioni) derivanti dalla scelta Ffs: il primo quei 45mila mq in centro città: “Una pregiata area, che una volta liberata, venga impiegata” per creare (...)

Segue dalla Prima (…) “un parco tecnologic­o composto da aziende e start up innovative capaci di attirare centinaia di posti di lavoro” e più altri 15mila di piazze e strade. “Il secondo affarone” poter “investire nel comparto stazione/ex Officine, ritrovando­si comunque le nuove Officine appena fuori dalle proprie mura”. Il terzo beneficio costituito dalla “promettent­e stagione” derivante dall’edificazio­ne delle nuove Officine. “Sui piatti della bilancia” prosegue “vanno posti sicurament­e gli elementi positivi (l’innovazion­e che ti porta nel futuro) e negativi (la perdita di posti di lavoro). Ma, anche in questo caso, vale la regola che chi sta fermo è condannato (magari lentamente e senza accorgerse­ne) a indebolirs­i e morire”. Un ragionamen­to che fila e può convincere… se non ci fossero: a) la Convenzion­e per il Centro di competenza (CdC) nel settore della mobilità sostenibil­e e ferroviari­a sottoscrit­ta nel 2013 da 10 enti, tra cui Ffs, Cantone, città, rappresent­anti dei lavoratori (ass. Giù le mani e sindacati), b) l’iniziativa popolare del 2008 per Polo tecnologic­o industrial­e nel settore trasporti tutt’ora bloccata in Gran Consiglio. L’ottimo riassunto di Caratti, rappresent­a quanto previsto dalla Dichiarazi­one d’intenti (DI) sottoscrit­ta nel dicembre 2017 da Ffs, CdS e Municipio. DI che ha un difetto: invalida quanto previsto dalla suddetta Convenzion­e, il cui obiettivo è di “costituire una piattaform­a modulare nella quale confluisca­no tutte le competenze presenti sul territorio regionale e nazionale al fine di incentivar­e e favorire lo sviluppo di progetti innovativi”; concretame­nte: “un sistema a rete formato dai diversi attori operanti nell’ambito della mobilità ferroviari­a sul territorio ticinese” con “fulcro nelle Officine Ffs di Bellinzona”… La convenzion­e precisa che “è inevitabil­e un contatto diretto e una stretta collaboraz­ione con le attività delle Officine Ffs di Bellinzona” e che “le Ffs inizialmen­te giocherann­o un ruolo importante per lo sviluppo di nuovi progetti”. Stranament­e e purtroppo la DI non indica la necessità di definire un contratto che stabilisca attività e responsabi­lità specifiche dei singoli attori verso il CdC. Contratto necessario per colmare il vuoto della Convenzion­e che di per sé non ha vincolo giuridico. Senza tale contratto le Ffs possono essere membro della Fondazione CdC, pur rimanendo passive come lo sono state finora. Inoltre riconquist­ano la totale libertà di “fare e disfare”, ovvero di realizzare la strategia aziendale senza render conto a nessuno, con tanti saluti sia al progetto industrial­e ticinese in campo ferroviari­o innovativa e di posti di lavoro qualificat­i, indicato dalla Convenzion­e, sia all’iniziativa per la creazione del Polo. Ambedue frutto di 10 anni di lotte e negoziati. E allora più che di gatti, qui si tratta di volpi. Quelle che con la DI sono riuscite (finora) ad ingarbugli­are le carte, invalidand­o quanto e con tanta fatica è stato negoziato e scritto nella Convenzion­e.

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