Resteranno i canti
Momenti di lettura / L’ultima raccolta di Franco Arminio, poeta, narratore e ‘paesologo’ Uno dei meriti dell’autore irpino, cantore dei vivi e dei morti, è quello di aver riportato la poesia a essere un caso editoriale, o quasi. Come stare al mondo, si ch
Sottintende il tempo della fine, l’ultimo titolo di Franco Arminio, ‘Resteranno i canti’ (Bompiani) – come i precedenti ‘Cedi la strada agli alberi’ e ‘Cartoline dai morti’ – ma anche una continuazione, una melodia che ci sopravviverà, se saremo capaci di contribuirvi. Il nuovo libro dello scrittore irpino ci viene offerto come un farmaco salvavita – o temporalmente salvifico – capace di dare dei momenti di sollievo dai mali che affliggono l’animo umano, per alleggerirlo ed elevarlo. Ma ci avverte, nelle sue istruzioni per l’uso: come tutti i medicinali la poesia è al contempo anche un veleno, perché al pari delle esperienze più estreme può rivelarsi a noi stessi con degli effetti talvolta grevi da sostenere. La raccolta, divisa in sette movimenti, alterna poesie e brevi prose dall’andamento poetico, caratterizzate da un linguaggio semplice, concreto e immediato, che non per questo manca di profondità. Anzi, è proprio lo scavo per arrivare all’essenza ciò che si propone lo scrittore. Va alle viscere dell’uomo e della terra, con lo sguardo da patologo-speleologo ne disseziona la struttura, e ci immerge in ambienti oscuri, dai suoni aspri, sinistri per la loro ambivalenza di vita e di morte: ossa, sangue, vertebre, cuore; buche, zolle, muffe, trincee. Come dunque stare al mondo, al cospetto della difficoltà dell’esistenza, consci che la vita è solo “un brivido che passa”? Cosa fare dell’inquietudine, che Fernando Pessoa ci ha descritto così bene nelle sue “confessioni” a cui in certe parti questo libro assomiglia?
Nascere non basta mai
A differenza dello scrittore portoghese, Arminio crede nella coesistenza, e anzi la erge a soluzione. Per l’autore prima di tutto bisogna accettare la fragilità, la mancanza di sicurezza, il terreno che frana. E poi vivere con passione e ardore, concedersi all’esistenza ed esporsi. Ma soprattutto andare verso gli altri e aprirsi all’amore passionale e prorompente, ma pure delicato, gentile, attento, “un amore dolce e lieve che può stare su una ragnatela senza paura di cadere”. Offrirsi dunque al mondo: “Le persone si incontrano per rinascere, nascere non basta mai a nessuno”. Certo non è facile, perché siamo esseri sgretolati e non c’è un disegno da riprodurre, un ideale verso cui andare (siamo naufraghi e “la bussola va impazzita all’avventura” diceva Montale), ma come frammenti di mosaico possiamo ricomporci ogni volta in trame di senso, attraverso quelle che Arminio chiama forme di comunità provvisorie: luoghi dove le persone s’incontrano per creare insieme momenti di svago, riflessione, contestazione, produzione. Questo dà vita a un intreccio di esistenze e gesti in cui è riconoscibile il tassello individuale e al contempo la tensione a una con-
figurazione corale. Bisogna perciò “vestirsi della contingenza” e dar vita a nuovi sodalizi tra noi, ciò che produciamo e la natura. “Si sta insieme per fare miracoli, non per ripetere il mondo”, ci rivela il poeta. Una sorta di religiosità laica innerva tutta la raccolta, declinandosi in una sacralità della vita con tante chiese, una per ogni essere, perché tutto conta
e ovunque si può trovare poesia, in ogni respiro. E il respiro è il ritmo che plasma il libro, che come quello della vita a volte è affannato, altre crepuscolare, altre volte voluttuoso, altre ancora ampio e cosmico. È questo il caleidoscopio di sensazioni a cui la poesia può dare accesso, fino a quei momenti estatici di comunione col mondo, rari, in cui ci si sente tutto, fuori dal tempo, il corpo si
fa altro e l’io assume le dimensioni dell’universo. La poesia quindi per conoscersi, decomporre e comporre continuamente, per “smontare il marchingegno del miracolo”; e come manifestazione dell’essere, rifiuto dell’ammutolirsi: perché “alla fine dei tuoi giorni resteranno le tue imprudenze, più che gli indugi resteranno i canti”.