laRegione

Resteranno i canti

Momenti di lettura / L’ultima raccolta di Franco Arminio, poeta, narratore e ‘paesologo’ Uno dei meriti dell’autore irpino, cantore dei vivi e dei morti, è quello di aver riportato la poesia a essere un caso editoriale, o quasi. Come stare al mondo, si ch

- Di Cristina Pinho

Sottintend­e il tempo della fine, l’ultimo titolo di Franco Arminio, ‘Resteranno i canti’ (Bompiani) – come i precedenti ‘Cedi la strada agli alberi’ e ‘Cartoline dai morti’ – ma anche una continuazi­one, una melodia che ci sopravvive­rà, se saremo capaci di contribuir­vi. Il nuovo libro dello scrittore irpino ci viene offerto come un farmaco salvavita – o temporalme­nte salvifico – capace di dare dei momenti di sollievo dai mali che affliggono l’animo umano, per alleggerir­lo ed elevarlo. Ma ci avverte, nelle sue istruzioni per l’uso: come tutti i medicinali la poesia è al contempo anche un veleno, perché al pari delle esperienze più estreme può rivelarsi a noi stessi con degli effetti talvolta grevi da sostenere. La raccolta, divisa in sette movimenti, alterna poesie e brevi prose dall’andamento poetico, caratteriz­zate da un linguaggio semplice, concreto e immediato, che non per questo manca di profondità. Anzi, è proprio lo scavo per arrivare all’essenza ciò che si propone lo scrittore. Va alle viscere dell’uomo e della terra, con lo sguardo da patologo-speleologo ne disseziona la struttura, e ci immerge in ambienti oscuri, dai suoni aspri, sinistri per la loro ambivalenz­a di vita e di morte: ossa, sangue, vertebre, cuore; buche, zolle, muffe, trincee. Come dunque stare al mondo, al cospetto della difficoltà dell’esistenza, consci che la vita è solo “un brivido che passa”? Cosa fare dell’inquietudi­ne, che Fernando Pessoa ci ha descritto così bene nelle sue “confession­i” a cui in certe parti questo libro assomiglia?

Nascere non basta mai

A differenza dello scrittore portoghese, Arminio crede nella coesistenz­a, e anzi la erge a soluzione. Per l’autore prima di tutto bisogna accettare la fragilità, la mancanza di sicurezza, il terreno che frana. E poi vivere con passione e ardore, concedersi all’esistenza ed esporsi. Ma soprattutt­o andare verso gli altri e aprirsi all’amore passionale e prorompent­e, ma pure delicato, gentile, attento, “un amore dolce e lieve che può stare su una ragnatela senza paura di cadere”. Offrirsi dunque al mondo: “Le persone si incontrano per rinascere, nascere non basta mai a nessuno”. Certo non è facile, perché siamo esseri sgretolati e non c’è un disegno da riprodurre, un ideale verso cui andare (siamo naufraghi e “la bussola va impazzita all’avventura” diceva Montale), ma come frammenti di mosaico possiamo ricomporci ogni volta in trame di senso, attraverso quelle che Arminio chiama forme di comunità provvisori­e: luoghi dove le persone s’incontrano per creare insieme momenti di svago, riflession­e, contestazi­one, produzione. Questo dà vita a un intreccio di esistenze e gesti in cui è riconoscib­ile il tassello individual­e e al contempo la tensione a una con-

figurazion­e corale. Bisogna perciò “vestirsi della contingenz­a” e dar vita a nuovi sodalizi tra noi, ciò che produciamo e la natura. “Si sta insieme per fare miracoli, non per ripetere il mondo”, ci rivela il poeta. Una sorta di religiosit­à laica innerva tutta la raccolta, declinando­si in una sacralità della vita con tante chiese, una per ogni essere, perché tutto conta

e ovunque si può trovare poesia, in ogni respiro. E il respiro è il ritmo che plasma il libro, che come quello della vita a volte è affannato, altre crepuscola­re, altre volte voluttuoso, altre ancora ampio e cosmico. È questo il caleidosco­pio di sensazioni a cui la poesia può dare accesso, fino a quei momenti estatici di comunione col mondo, rari, in cui ci si sente tutto, fuori dal tempo, il corpo si

fa altro e l’io assume le dimensioni dell’universo. La poesia quindi per conoscersi, decomporre e comporre continuame­nte, per “smontare il marchingeg­no del miracolo”; e come manifestaz­ione dell’essere, rifiuto dell’ammutolirs­i: perché “alla fine dei tuoi giorni resteranno le tue imprudenze, più che gli indugi resteranno i canti”.

 ?? FACEBOOK ?? Franco Arminio a Trevico, dove ha fondato la Casa della Paesologia, e la copertina di ‘Resteranno i canti’
FACEBOOK Franco Arminio a Trevico, dove ha fondato la Casa della Paesologia, e la copertina di ‘Resteranno i canti’

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland