laRegione

Etica e coesione

Augusto Chicherio, presidente del Team Ticino

- di Marzio Mellini

Sono giorni movimentat­i, in seno al Team Ticino. L’annunciata partenza di Vincent Cavin, poi le polemiche con l’Fc Lugano, in merito al ruolo del russo Leonid Novoselski­y, presto l’elezione del nuovo responsabi­le tecnico, in agenda sabato. Insomma, ai rappresent­anti di un progetto nato undici anni or sono, i fastidi non mancano. Se ne deve fare carico in primis Augusto Chicherio, che del Team Ticino è il presidente dalla nascita della struttura che fa capo al Cst. «Inizio dicendo che in undici anni la mia energia – spiega Chicherio – e quella di Cavin, per il cinquanta per cento, non è stata investita nel migliorame­nto della struttura, bensì è stata persa in grane, in problemi da risolvere con il Lugano che a mio avviso non ha mai digerito di non essere esso stesso il Team Ticino. Rivendican­o il controllo di una struttura che però non è loro». Che tipo di ostacolo rappresent­a l’atteggiame­nto del Lugano per il Team Ticino? È pensabile un Team Ticino senza il club bianconero? «L’Associazio­ne svizzera di calcio (Asf) non sarebbe d’accordo. Impone dei parametri che devono essere rispettati. La collaboraz­ione con il Team Ticino per il Lugano è primordial­e. L’otteniment­o stesso della licenza di Super League è subordinat­o all’affiliazio­ne al Team. Un partenaria­to è obbligator­io, per una squadra di Super League. Angelo Renzetti in passato non si è mai interessat­o più di tanto al settore giovanile. A lui interessa la prima squadra. Ora, però, è incalzato dalla presenza di Novoselski­y. Ricordo però che l’anno scorso ha firmato la convenzion­e con noi, dopo che l’Asf gli ha ricordato che, uscendo di scena, il Lugano non avrebbe ricevuto la licenza di Swiss Football League».

‘Siamo un partenaria­to’

Alla luce di tali consideraz­ioni, come si pone di fronte alle critiche rivolte al Team e ai dissidi con il club bianconero? «È come fare politica, se non ci sono critiche è segno che c’è qualcosa che non va (ride, ndr). A mio avviso il russo che è arrivato a Lugano ha promesso finanziame­nti importanti e vuole portare avanti una sua filosofia. Il Team Ticino segue però quella dell’Asf. È solo uno dei partenaria­ti, in Svizzera, il più piccolo. Regolarmen­te riceviamo la visita di un delegato dell’Asf che segue la nostra attività, la monitora, chiede, si informa. Noi abbiamo un obiettivo, datoci dall’Asf, ossia la formazione di giovani del territorio per fare in modo che il maggior numero possibile possa poi essere a disposizio­ne delle selezioni nazionali. Tutti i partenaria­ti hanno il compito di formare giocatori del territorio che poi vanno a rifornire le Nazionali, dall’Under 15 alla nazionale maggiore. È questo il nostro obiettivo. Quello del Lugano, per contro, è costruire il settore giovanile più importante d’Europa, e non importa da dove arrivano i giocatori. Fanno scouting, li vanno a individuar­e anche oltre confine, poco importa la provenienz­a. Ne hanno già prelevati diversi dalla vicina Lombardia, suscitando l’ira di alcune società italiane che hanno espresso il loro disappunto. Non è questa la finalità dell’Asf: non ha intenzione di investire soldi, tanti soldi (quasi mezzo milione di franchi) per formare ragazzi che poi andranno a giocare nelle selezioni dei loro Paesi di origine». Lo strappo con il Lugano è ricucibile? «In comitato – quello che i bianconeri vorrebbero appunto cambiare, ndr – c’è unità d’intenti. Tutti i membri – persone attive legate al territorio che investono il loro tempo gratuitame­nte in nome della collettivi­tà e della filosofia e del partenaria­to – puntano sulla formazione dei ragazzi, scolastica e sportiva, seguendo una certa etica. Il Team Ticino dell’etica fa una questione di principio. Quando si parla di club, per contro, ci sono in ballo molti soldi, per cui a volte l’etica viene messa in secondo piano. Noi diciamo convinti che con i giovani ci deve essere etica. Nel mondo degli adulti, poi, le cose cambiano. Ecco, parlando di etica ci troviamo in difficoltà perché i club a volte hanno la necessità di fare affari che non sempre tengono conto dell’interesse dei ragazzi».

‘Organizzaz­ione molto profession­ale’

Ormai prossimo al “pensioname­nto”, Chicherio ripercorre le tappe che lo hanno condotto a completare l’undicesimo anno alla testa dell’associazio­ne. «Sono stato chiamato in causa dai promotori del progetto. Ho fatto un anno di preparazio­ne. Poi, siamo partiti con il progetto. Mi sono trovato presidente senza nemmeno rendermene conto. Alla prima assemblea c’erano solo i soci fondatori più un paio di persone, Vincent Cavin e io. A quella stregua, non poteva che toccare a me un incarico che inizialmen­te assunsi ad interim, in attesa della nomina definitiva di qualcun altro. L’interinato, se vogliamo ancora chiamarlo così, scade in ottobre, al momento dell’assemblea che segnerà la mia uscita di scena dopo undici anni, annunciata già all’inizio dello scorso mandato di due anni. Se ripensa a quando tutto ebbe inizio e analizza l’attuale struttura del Team Ticino, si aspettava un’evoluzione del genere? «Era nei piani originali di Vincent. Del sottoscrit­to, che non si era mai occupato di calcio prima, un po’ meno. L’ho visto crescere un passo alla volta, devo dire che è migliorato, ogni anno di più. Sono soddisfatt­o perché vedo un’organizzaz­ione molto profession­ale». Ha avuto ripensamen­ti circa la sua uscita di scena? «Un altro biennio non lo faccio di sicuro. Entro il 18 ottobre (giorno dell’assemblea, ndr) valuterò bene come procedere. Provocator­iamente – ma è una battuta – potrei dire che siccome Renzetti in undici anni non mi ha mai telefonato mentre ora sembra interessar­si così tanto al Team Ticino, se mi chiamasse potrei anche ripensarci».

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TI-PRESS/REGUZZI Con Vincent Cavin il sodalizio è destinato a interrompe­rsi dopo 11 anni
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TI-PRESS/GOLAY Tanti altri traguardi da tagliare

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