L’ospedale più sicuro è dove tutti segnalano ciò che non funziona
Alla radice dei problemi di comunicazione tra professionisti della sanità ci sono credenze sbagliate. Come pensare che una informazione parta e arrivi uguale lungo una catena di persone. «Quasi tutti da bambini abbiamo giocato al telefono senza fili e sappiamo che un’informazione si modifica quando passa di persona in persona. La comunicazione non è mai lineare e va verificata», spiega la professoressa Annegret Hannawa. E si spinge a dire: «È irrilevante quanti progressi fa la medicina se non si creano le condizioni per una comunicazione sicura tra curanti e paziente». Concretamente significa avere una cultura della sicurezza. «Dove posare domande è un obbligo, non una possibilità. Dove si segnala internamente tutto ciò che non funziona sia da parte del personale sia dei pazienti. Dove i familiari dei pazienti sono considerati partner attivi nelle cure. Dove non si aspetta mai fino a domani. Ogni giorno in Svizzera muoiono 4 pazienti non per malattia o per cattive cure, ma per un errore di comunicazione. Possiamo correggere questa tendenza con interventi minimi e non invasivi», dice la ricercatrice dell’Usi che sta presentando il nuovo modello in varie strutture sanitarie europee.