Aiutiamoli a casa d’altri
Bruxelles – Una specie di Lazzaretto, di tanti lazzaretti nei quali rinchiudere non più gli appestati ma i migranti, e comunque fuori dalle cinte murarie delle città. Fallite di fatto le riforme del regolamento di Dublino – quella, equivoca, proposta dalla presidenza bulgara dell’Ue; e quella, almeno equa, dell’Europarlamento – ha ripreso quota il progetto di insediare centri per richiedenti asilo fuori dai confini dell’Unione. Ipotesi in passato avanzata dall’Ungheria di Viktor Orban, ma respinta a favore del meccanismo di ridistribuzione europeo dei migranti. Ma le elezioni degli ultimi mesi, con la vittoria delle destre in molti Stati membri, dall’Austria alla Slovenia all’Italia, hanno ribaltato lo scenario, e la priorità è ora quella di rafforzare le frontiere esterne, per ristabilire “ordine e sicurezza e tornare ad un pieno funzionamento dell’area Schengen”, come indicato dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che da luglio sarà presidente di turno dell’Ue. Alcuni Paesi, come il Belgio, vorrebbero insediare i centri in Tunisia, e anche il ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maizière sembra accarezzare l’idea. Altri, come Austria e Danimarca, guardano a Paesi anche più vicini, nella stessa Europa. C’è chi ipotizza l’Albania. Il concetto di base è quello di aprire campi dove i migranti dovranno attendere la decisione sulla richiesta d’asilo presentata in Ue (in Stati che attendono a loro volta di entrare nell’Unione, e dunque più facilmente ricattabili). Ad uscire allo scoperto, annunciando che un’iniziativa pilota, “in coordinamento con un gruppo di Paesi, è già a buon punto”, sono stati il premier danese Rasmussen, e il cancelliere Kurz. Dall’aiutiamoli a casa loro, all’aiutiamoli a casa d’altri.