Maurer: la Borsa o la vita
Il governo: ci saranno conseguenze, se l’Ue non riconoscerà l’equivalenza della Piazza elvetica La Confederazione potrebbe non permettere più agli operatori finanziari europei di negoziare azioni svizzere senza autorizzazione
Berna alza nuovamente la voce nei confronti di Bruxelles: se l’Unione europea (Ue) non dovesse riconoscere l’equivalenza della Borsa svizzera a tempo illimitato – o almeno prolungarla per un ulteriore anno – la Confederazione non permetterà più alle banche o agli intermediari europei di negoziare azioni svizzere senza autorizzazione. Lo ha deciso ieri il Consiglio federale. Il ‘ministro’ delle finanze Ueli Maurer ha ribadito ieri durante una conferenza stampa che la decisione dell’Ue di legare l’equivalenza della Borsa elvetica all’accordo istituzionale (che regolerebbe in modo generale l’accesso al mercato europeo) ha «irritato la Svizzera». Già a fine dicembre la consigliera federale Doris Leuthard aveva definito la decisione di Bruxelles «una chiara discriminazione», visto che la Confederazione, ha dal canto suo ricordato Maurer, rispetta tutti i requisiti tecnici per ottenere l’‘equivalenza’. La decisione dell’Ue è quindi stata puramente politica, ha aggiunto. Tutto ciò ha portato a «una situazione di insicurezza» per la piazza finanziaria elvetica, ha affermato il ‘ministro’ delle Finanze. E quindi il governo ha dovuto sviluppare «un piano B». Esso entrerà in vigore soltanto se non dovesse realizzarsi il «piano A», ovvero ottenere da Bruxelles che le norme che reggono la Borsa svizzera siano equivalenti a quelle europee. Senza questo riconoscimento gli operatori finanziari europei sarebbero esclusi dal mercato azionario svizzero e viceversa. Le conseguenze sarebbero drammatiche per la piazza finanziaria elvetica: secondo Maurer il volume di transazione (stimato in diverse centinaia di miliardi di franchi) crollerebbe del 70-80%. La misura decisa ieri mira quindi a «proteggere l’infrastruttura borsistica svizzera». Secondo Jörg Gasser, segretario di Stato alle questioni finanziari internazionali, ne va della sopravvivenza della Borsa svizzera: «non si tratta di un’azione aggressiva, ma di un meccanismo di protezione», ha precisato. L’obbligo di autorizzazione – che verrebbe rilasciata dalla Finma – potrebbe però avere anche conseguenze negative: la speranza è che le società quotate a Parigi, Londra o Francoforte si rivolgano alla piazza finanziaria elvetica, ma potrebbero anche scegliere le Borse di New York o Hong Kong per le loro transazioni. Inoltre ci sarebbe anche la possibilità che operatori finanziari abbandonino la Borsa svizzera, ha affermato Gasser. Il Consiglio federale prenderà una decisione all’inizio di dicembre. Se entro allora l’Ue non avrà almeno prolungato di un anno l’equivalenza della Borsa elvetica, allora il Piano B diventerà realtà.