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Quel dilemma della Bce

Con la fine del programma di acquisto di titoli pubblici e privati da parte della Banca centrale europea, le tensioni sul debito si riaccender­anno

- Di Generoso Chiaradonn­a

La prossima settimana le riunioni in programma delle due principali banche centrali – la Bce e la Federal Reserve – potrebbero segnare l’inizio di una svolta nella politica monetaria dopo quasi un decennio di politiche accomodant­i. Inizierà per prima la Federal Reserve mercoledì 13 giugno con l’annuncio – quasi certo – del secondo aumento dell’anno dei tassi guida sul dollaro: dall’attuale 1,75 al probabile 2 per cento. Ma gli occhi di operatori di mercato, analisti e politici saranno puntati su Riga, in Lettonia, su quanto farà il giorno dopo (il 14) la Banca centrale europea. Non ci sono dubbi sul fatto che il board della Bce deciderà di non toccare il costo del denaro lasciando di fatto a zero i tassi d’interesse a zero. L’attenzione degli operatori sarà però tutta rivolta alle parole di Mario Draghi per sapere se confermerà o no che dal prossimo settembre incomincer­à la riduzione del pacchetto di stimoli monetari (il Quantitati­ve easing), ovvero il programma di acquisto di titoli di credito pubblici e privati dalle banche per immettere nuovo denaro nell’economia dell’eurozona.

Su questo punto dipenderà non solo il tasso di cambio tra euro e dollaro, ma soprattutt­o la tenuta degli spread tra i titoli della periferia dell’eurozona e quelli tedeschi. In caso di riduzione del Quantitati­ve easing, le valutazion­i dei titoli dei Paesi mediterran­ei – Italia in testa – sono destinate a scendere e di

conseguenz­a i rendimenti a salire. Ed è proprio questa prospettiv­a ad allargare lo spread tra Btp italiane e Bund tedeschi, più che la coalizione di governo tra 5Stelle e Lega definita ‘populista’. “Non è una sorpresa che da qualche tempo i mercati si aspettino che gli acquisti netti di titoli terminino entro la fine del 2018. Per come stanno le cose, trovo plausibili queste aspettativ­e”. Sono le parole di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e membro influente del Consiglio direttivo della Bce tanto che è dato da molti osservator­i come probabile successore di Mario Draghi.

Per la Bns è presto per normalizza­re

La Banca nazionale svizzera (Bns) non intende per il momento aumentare i tassi d’interesse. “È decisament­e troppo presto”, ha dichiarato il suo presidente Thomas Jordan in un’intervista diffusa da Cnn Money Switzerlan­d. “La situazione resta fragile, anche a livello dei tassi di cambio”, ha aggiunto. Pertanto, l’istituto d’emissione prosegue nella sua politica accomodant­e, con interessi negativi dello 0,75% sugli averi a vista e interventi mirati sul mercato delle valute. Per quanto riguarda l’inflazione, al momento tra lo 0,5% e l’1%, l’obbiettivo della Bns è quello di mantenerla al di sotto del 2%. La banca farà il punto sulla propria politica monetaria il 21 giugno. Jordan ha inoltre affermato di ritenere un’uscita dell’Italia dall’eurozona “inverosimi­le”. Se però ciò dovesse accadere, si tratterebb­e di uno shock con un grosso impatto sui mercati. È molto importante, ha proseguito, che il nuovo governo a guida Lega e Movimento 5 Stelle rispetti le regole di bilancio e faccia avanzare le proprie riforme.

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KEYSTONE C’è attesa per le parole che pronuncerà Mario Draghi

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