Il franco è tornato alle vecchie abitudini
Dopo diversi mesi di serenità, nelle ultime settimane sull’Eurozona si sono addensate alcune nubi che stanno condizionando nuovamente la fiducia degli investitori e che hanno indebolito la moneta unica. “Il rafforzamento dell’euro è stato bruscamente interrotto a causa di fattori economici e politici. In primis, ha giocato un ruolo il differenziale tra i tassi delle due sponde dell’Atlantico, dovuto allo stato di salute dell’economia a stelle e strisce” ci spiega Dante Manara, membro dei quadri e consulente BancaStato Private Banking a Bellinzona. Poi, “ha certamente pesato anche l’esito delle votazioni italiane. L’insediamento del nuovo governo è stato lungo e complicato. Vi è stato il ritorno dell’euroscetticismo”. La particolare situazione politica di Roma ha creato nuova incertezza tra gli investitori esteri, che ora preferiscono assumere posizioni attendiste per le operazioni in area euro. “Infine non va sottovalutata la questione dei dazi doganali voluti dal presidente Trump. Se è vero che le imposizioni su acciaio e alluminio toccano l’Europa in maniera relativamente marginale, lo spettro dei dazi del 25% sull’importazione di auto negli Usa incute particolarmente paura alla Germania, cuore economico dell’Unione”. Come si è comportato il franco? “Nella prima parte del 2018 i diversi problemi geopolitici non avevano avuto particolari effetti sulla nostra valuta, che si era man mano indebolita rispetto all’euro. Tuttavia, ora è tornata a ricoprire un suo ruolo storico, ovvero quello di bene rifugio, e questo ne ha causato il rafforzamento. Riavvicinarsi alla soglia di cambio dell’1,20 sarà almeno per il prossimo trimestre molto difficile”.