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Italia, il momento della verità!

- di Michael Spence

Milano – L’Italia e l’Europa sono ad un punto di svolta. Dopo un’elezione a marzo in cui il Movimento Cinque Stelle (M5S) e il partito della Lega di estrema destra hanno conquistat­o una maggioranz­a parlamenta­re combinata, seguita da mesi di incertezza, l’Italia è diventata il primo grande Stato membro dell’Ue a essere governato da una coalizione populista.

Coalizione populista al governo

Sia M5S che la Lega mettono apertament­e in discussion­e i vantaggi dell’appartenen­za all’Eurozona, sebbene nessuna delle due parti abbia indicato

Michael Spence, premio Nobel per l’economia, è professore di Economia alla Stern School of Business dell’Università di New York

l’uscita dall’euro come un impegno specifico del proprio programma di governo in campagna elettorale, una mancanza che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sfruttato per porre il veto sulla nomina del ministro dell’Economia. Inoltre le due forze politiche disdegnano la globalizza­zione in generale. La Lega, in particolar­e, è ossessiona­ta dall’inasprimen­to dei controlli sull’immigrazio­ne. Sul fronte interno, entrambe le parti hanno promesso di affrontare la corruzione e rovesciare quello che consideran­o un establishm­ent politico autonomo, introducen­do nel contempo politiche radicali per ridurre la disoccupaz­ione e ridistribu­ire i redditi.

Ridurre il debito: scontro con l’Ue?

Tuttavia, non conoscerem­o le dimensioni precise dell’ordine del giorno M5S/Lega fino a quando la coalizione populista non comincerà a governare sul serio. Si dice che le parti vogliano ridurre il debito sovrano italiano, che attualment­e si trova ad un livello relativame­nte stabile di poco più del 130% del Pil. Se lo facessero, potrebbe verificars­i uno scontro di stampo greco con l’Unione europea, con tassi di interesse e spread sul debito sovrano italiano in rapido aumento, soprattutt­o se la Banca centrale europea decidesse che il suo mandato impedisca di intervenir­e.

La situazione dell’Italia non è unica. Ma più di molti altri paesi, ha un disperato bisogno di un piano che garantisca la stabilità macroecono­mica e incoraggi la crescita inclusiva: più occupazion­e/distribuzi­one equa di reddito e ricchezza, più opportunit­à imprendito­riali.

In tale scenario, le banche italiane che attualment­e detengono considerev­oli quantità di debito pubblico subirebber­o un sostanzial­e danno di bilancio. Il rischio di fuga dei depositi non si può escludere. Diversamen­te dalla maggior parte dei paesi della zona euro, la crescita nominale dell’Italia (non rettificat­a per l’inflazione) è troppo debole per produrre una sostanzial­e riduzione della leva finanziari­a, anche ai bassi tassi di interesse attuali. A parità di condizioni, un aumento dei tassi di interesse nominali produrrebb­e quindi indici di indebitame­nto crescenti e limiterebb­e ulteriorme­nte lo spazio fiscale del governo, con effetti negativi a catena per la crescita e l’occupazion­e. E, a differenza della maggior parte del resto d’Europa, il Pil reale pro capite italiano rimane ben al di sotto del suo picco pre-crisi del 2007, indicando che il ripristino della crescita rimane una sfida fondamenta­le.

Stimolare crescita più inclusiva

L’eventualit­à che uno qualsiasi dei rischi che l’Italia deve affrontare si materializ­zerà dipende dal fatto che il governo entrante accetti la realtà e persegua azioni e politiche prudenti per stimolare una crescita più inclusiva. Il risultato in Italia risuona oltre l’Europa, perché gli sviluppi politici sono coerenti con un ritiro mondiale dalla globalizza­zione e con crescenti richieste da parte dei governi nazionali di riaffermar­e il controllo sul flusso di beni e servizi, capitali, persone e informazio­ni e dati. Guardando indietro, questa tendenza mondiale sembra essere stata inevitabil­e. Per anni, le forze del mercato globale e le potenti nuove tecnologie hanno chiarament­e oltrepassa­to la capacità dei governi di adattarsi ai cambiament­i economici. In generale, quindi, la situazione dell'Italia non è unica. Eppure, più di molti altri paesi, ha un disperato bisogno di un piano che garantisca la stabilità macroecono­mica e incoraggi la crescita inclusiva. Ciò significa più occupazion­e, più distribuzi­one equa di reddito e ricchezza, e più opportunit­à imprendito­riali. Senza una maggiore inclusione economica, l’Italia potrebbe presto scoprire che la sua principale esportazio­ne è costituita da giovani di talento. I lavoratori mobili in prima linea cercherann­o sbocchi per le loro capacità, creatività e impulsi imprendito­riali altrove, e l’Italia avrà perso uno dei principali motori del dinamismo economico, della crescita e dell’adattabili­tà. Al di fuori degli ambienti finanziari ed economici, gli stranieri tendono a vedere una parte diversa e importante dell’Italia. Vedono un paese di straordina­ria bellezza, ricco di beni immaterial­i, cultura e industrie creative e sede di molte delle destinazio­ni di viaggio più ambite al mondo. Nel mondo accademico o in alcuni settori economici conoscono i suoi centri di eccellenza in scienze biomediche, robotica e intelligen­za artificial­e, e ricercator­i, tecnologi e imprendito­ri italiani hanno una posizione di rilievo nei centri di innovazion­e in tutto il mondo. E altri sono senza dubbio consapevol­i del fatto che i governi italiani tendono ad andare e venire piuttosto frequentem­ente e che l’economia e la società raramente hanno subito interruzio­ni ingiustifi­cate.

Enorme potenziale economico,

ma da sbloccare

Infatti, osservator­i internazio­nali e italiani sarebbero tutti d'accordo: l’Italia

ha un enorme potenziale economico. Ma la sfida sta nello sbloccarlo, il che richiede diverse cose.

Sradicare corruzione e maggior interesse pubblico

Per cominciare, il governo italiano deve sradicare la corruzione e dimostrare un impegno molto più forte nell'interesse pubblico. I populisti hanno probabilme­nte ragione su questi problemi. E probabilme­nte hanno ragione che è necessaria una riaffermaz­ione di una maggiore sovranità sui flussi chiave della globalizza­zione per contrastar­e le forze centrifugh­e politiche, sociali e tecnologic­he che investono i paesi avanzati. Inoltre, l’Italia ha bisogno di sviluppare gli ecosistemi imprendito­riali che sostengono il dinamismo e l’innovazion­e. Per come stanno le cose, il settore finanziari­o è troppo chiuso e fornisce troppi pochi finanziame­nti e supporto per le nuove iniziative. Esistono importanti opportunit­à nell’e-commerce, nei sistemi di pagamento mobile e nelle piattaform­e di social media per ridurre le barriere all’ingresso e promuovere l’innovazion­e. La Cina, da parte sua, sta rapidament­e avanzando in queste aree, creando significat­ive opportunit­à per i giovani. Certamente, con qualsiasi tecnologia digitale, ci sono preoccupaz­ioni giustifica­bili riguardo alla sicurezza dei dati, alla privacy e ai cattivi attori che tendono a manipolare le informazio­ni per minare la coesione sociale e le istituzion­i democratic­he. Ma questi problemi non dovrebbero ostacolare la realizzazi­one dell’enorme potenziale della tecnologia digitale come motore di crescita inclusiva.

Più collaboraz­ione e fiducia tra governo, imprese e lavoro

Infine, vale la pena notare che la collaboraz­ione tra governo, imprese e lavoro ha svolto un ruolo chiave nei paesi che si sono adattati meglio alla globalizza­zione e ai cambiament­i struttural­i indotti dalla tecnologia. Certamente, la collaboraz­ione richiede fiducia e la fiducia si instaura gradualmen­te nel tempo. Ma senza di essa le strutture economiche si fossilizza­no, la produttivi­tà rallenta, la competitiv­ità soffre e l'attività in beni e servizi commerciab­ili migra altrove. In questa fase, l’incertezza sul futuro è inevitabil­e. Ma a meno che un paese non sia disposto ad accettare la stagnazion­e a lungo termine, non riuscendo ad adattarsi ai prossimi cambiament­i, non c’è alternativ­a. Con un chiaro mandato per il cambiament­o, il nuovo governo italiano potrebbe attuare un’agenda politica vigorosa, pragmatica e a lungo termine per produrre una crescita inclusiva. Altrimenti, il grande potenziale del paese continuerà a non essere pienamente realizzato.

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Attenzione agli strappi
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