‘Sui fatti del 10 maggio 2018’
Sono passate alcune settimane da quando un allievo della Scuola cantonale di commercio – la scuola in cui noi lavoriamo – è stato fermato dalla polizia in quanto accusato di voler compiere delle azioni gravissime. La notizia ci ha profondamente scossi e impressionati, tanto che sono state necessarie molte discussioni sia tra di noi sia con i nostri allievi per riuscire a capacitarci di una situazione che ci lascia ancora increduli. Molte cose sono già state dette nelle scorse settimane, e da più parti si sono potute sentire e leggere varie analisi di diverso tenore. Noi vorremmo – al di là del discorso sulle responsabilità che sarà la magistratura ad appurare – esprimere vicinanza umana allo studente che in questi ultimi tre anni ha condiviso con noi i tempi e gli spazi della scuola e che adesso si trova ad affrontare le conseguenze di ciò che sarebbe potuto accadere. I fatti che gli sono imputati, innegabilmente, sono il frutto di una sua ingestibile sofferenza, una sofferenza che ci colpisce e ci interroga. Quello che è avvenuto non deve infatti farci dimenticare che, quando la violenza cerca di prendere il sopravvento sulla riflessione, è difficile pensare che non ci siano vittime. In questo caso il disagio di un ragazzo avrebbe potuto trasformare per sempre la nostra realtà. È perciò con rinnovato vigore e ancora maggiore senso di responsabilità che ci richiamiamo ai nostri compiti educativi. Perché crediamo fermamente che la cultura e la conoscenza rappresentino il migliore anticorpo contro la violenza e il disperato senso di abbandono. Ci auguriamo infine che la società civile, in questa dolorosa circostanza, assuma un atteggiamento attento, equo, animato dal necessario senso della giustizia.
(Roberto Ferrari, Mattia Noseda, Matteo Rossi, Tommaso Soldini, Marco Bassi, Ronny Bianchi, Natalia Lepori, Yari Moro e Paolo Pontinelli: primi firmatari fra 44 docenti della Scuola cantonale di commercio di Bellinzona)