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‘Pino è’, ma non per tutti: e il tributo scade in sceneggiat­a

- Di Beppe Donadio

Qualcuno sul palco, a un certo punto, dice “Qui è tutto molto improvvisa­to, ma in fondo è un po’ come piaceva a Pino”, rivendican­do uno spirito da jam session che è parso pura approssima­zione. L’occasione tanto attesa, il tributo a Pino Daniele nel “suo” Stadio San Paolo, ha spinto in molti a coricarsi dopo 4 ore di diretta tv abbraccian­dosi non il cuscino, ma i suoi dischi. Il “come poteva essere” di questo ‘Pino è’ parte dalla Napoli che lo canta, Massimo Ranieri in ‘Cammina cammina’, La Nuova Compagnia di Canto Popolare in ‘Donna Cuncetta’, Teresa De Sio in ‘Lazzari felici’. E da un’Italia di uomini rispettosi come Claudio Baglioni in ‘Io dal mare’, di donne educate come Giorgia in ‘Questo immenso’, Irene Grandi in ‘Se mi vuoi’ e, soprattutt­o, Fiorella Mannoia che si carica di ‘Sulo pe’ parlà’ e ‘Terra mia’, dando lustro agli storici musicisti di Pino. Assai più grande il “come non doveva essere”. Gianna Nannini fuori tempo che fa a pezzi ‘Anna verrà’, una Vanoni smarrita su ‘Anima’, Renga a farfalle sui controtemp­o di ‘Musica Musica’ e Ramazzotti perso fra i 3 accordi della strofa di ‘’O scarrafone’. In molti, non solo loro, di fronte alla colta scrittura del napoletano sono sembrati naufraghi alla deriva. Altri ancora non sono riusciti a nascondere i segnali di esibizioni mai o mal provate prima, come il duetto Ranieri-Sangiorgi in ‘Sicily’, che – citando la canzone – è stato “terra ’e nisciuno” (terra di nessuno). O come ‘Quanno chiove’, sepolta sotto le urla della coppia Marrone-Sangiorgi, e ‘Notte che se ne va’, con Mario Biondi costretto da Il Volo a tonalità da tenore. Del De Gregori che canta solo De Gregori (‘Generale’) e del Venditti che canta solo Venditti (‘Notte prima degli esami’) colpisce la nota ostinatame­nte stonata del non proporre nemmeno un brano di chi si sta celebrando. Ostinata è anche l’imposizion­e da parte del De Gregori di una moglie non cantante in ‘Anema e core’, altra nota (particolar­mente) stonata in una terra in cui il canto è sacro. Stonato, ma è un marchio di fabbrica, Jovanotti, che se da una parte demolisce ‘Putesse essere allero’, quando rappa su ‘Yes I know my way’ almeno dà un senso all’essere “allero” (allegro). Il San Paolo che alla fine canta ‘Napul’è’ da solo è l’immagine dell’occasione persa e il risarcimen­to di uno sgarbo alla città. A riflettori spenti, se proprio nessuno vuole ammettere la logica di questo parziale scempio, si spieghi almeno alla melodramma­tica Emma – che nella gara a strillare ‘Ciao Pino!’ e ‘Ciao Napoli!’ vince davanti ad Alessandra Amoroso, ma solo di poco – che ‘Pino è’ doveva essere un tributo, non una sceneggiat­a.

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