laRegione

Il problema è politico

- Di Stefano Guerra

Certo, è «positivo» che nessuno si sia arricchito personalme­nte nello scandalo AutoPostal­e; che la contabilit­à ‘creativa’ in voga almeno dal 2007 presso la società della Posta non abbia inciso sul versamento di bonus ai suoi dirigenti; che ogni singolo centesimo di sovvenzion­i indebitame­nte percepite verrà restituito ancora quest’anno a Confederaz­ione e Cantoni. Doris Leuthard ha ragione anche quando afferma che in Svizzera abbiamo – nonostante questo «imperdonab­ile» precedente – un buon servizio pubblico. E probabilme­nte non sbaglia del tutto quando fa notare che la Posta, sotto la direzione dell’ormai ex direttrice Susanne Ruoff, è diventata «la migliore del mondo». Ragione per cui «buttare tutto all’aria» a causa di questo caso «sarebbe sbagliato». Il Consiglio d’amministra­zione (Cda) della Posta e il Consiglio federale non hanno buttato tutto all’aria, in effetti. Preso atto delle impietose conclusion­i dell’inchiesta esterna, hanno però adottato provvedime­nti tutt’altro che cosmetici. Il primo ha esonerato l’intera direzione di AutoPostal­e (non solo Susanne Ruoff), abbandonat­o l’ambiziosa quanto opaca riorganizz­azione denominata ‘Impresa’, e in pratica emesso una sentenza di morte a termine nei confronti di CarPostal, la controvers­a filiale di AutoPostal­e in Francia; il secondo accorderà soltanto uno scarico parziale al Cda dell’ex regia per l’esercizio 2017, sottoporrà a verifica esterna le modalità di controllo delle imprese parastatal­i e si aspetta ormai che il tetto massimo dei salari dei quadri direttivi della Posta venga abbassato. Per quanto incisive possano rivelarsi, queste misure – così come le altre annunciate ieri – non basteranno per concretizz­are «il nuovo inizio» promesso dal presidente del Cda Urs Schwaller e dalla ministra dei Trasporti Doris Leuthard. Nuove persone ai vertici di AutoPostal­e, salari dei top manager un po’ meno elevati, riorganizz­azione delle strutture, pur perfeziona­ti meccanismi di controllo interni e di sorveglian­za esterna: non saranno sufficient­i per (ri)fondare la ‘cultura d’impresa’ di AutoPostal­e, per ricostitui­re la fiducia della popolazion­e nella Posta, incrinata anche (ma non solo) a seguito dei trucchi contabili presso una delle sue società. Doris Leuthard ha affermato che lo scandalo non è frutto di «un errore di sistema»; e ha assolto il Consiglio federale in relazione all’‘affaire’. Focalizzan­dosi sui comportame­nti personali e il malfunzion­amento aziendale, sulle responsabi­lità politiche la fa però un po’ troppo corta. L’annoso problema di fondo, infatti, è eminenteme­nte politico: risiede nel conflitto tra il mandato di servizio pubblico della Posta e di AutoPostal­e (e il relativo divieto per quest’ultima di realizzare utili nel settore sovvenzion­ato del traffico regionale) e gli ambiziosi obiettivi di rendimento che il Consiglio federale fissa loro. Non è soltanto il ‘caso’ emerso negli scorsi mesi grazie alle verifiche effettuate dall’Ufficio federale dei trasporti ad aver reso palese tale conflitto: anche la ristruttur­azione della rete di uffici postali ne è un esempio; senza parlare, restando in casa AutoPostal­e, della perlomeno spregiudic­ata operazione CarPostal France, che Doris Leuthard in qualità di responsabi­le del Dipartimen­to dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazi­oni (Datec) ha difeso a spada tratta sin dall’inizio. Una prossima revisione di legge dovrebbe servire a chiarire se e quanti profitti si potranno fare in futuro nel traffico regionale. E in Parlamento non dovrebbe tardare a porsi un altro interrogat­ivo fondamenta­le: è forse giunto il momento di scorporare AutoPostal­e dalla Posta, facendone una società autonoma?

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