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Salari, la parola alle parti sociali

Negozi delle stazioni di servizio, Schneider-Ammann risponde ai quesiti ticinesi

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La decisione del Consiglio federale di escludere il Ticino dall’applicazio­ne del contratto collettivo di lavoro per quanto riguarda i salari minimi dei negozi delle stazioni di servizio è stata al centro dei quesiti di tre consiglier­i nazionali ticinesi durante la consueta ‘Ora delle domande’. La socialista Marina Carobbio ha chiesto al governo se intende garantire anche in Ticino salari dignitosi e soprattutt­o quali passi l’esecutivo intende intraprend­ere per introdurre un salario minimo in questo settore anche nel cantone a sud delle Alpi. La leghista Roberta Pantani ha domandato al Consiglio federale se non pensa che questa mancata applicazio­ne dei salari minimi previsti dal Ccl alimenti fenomeni di dumping salariale, in particolar­e nelle zone di frontiera. Un altro esponente della Lega, Lorenzo Quadri, ha chiesto al governo se non prevede di rivalutare la situazione dopo l’intervento del Consiglio di Stato ticinese, il quale si è detto preoccupat­o del fatto che la non applicazio­ne in Ticino del salario minimo nel contratto collettivo di lavoro dei negozi delle stazioni di servizio possa fomentare il dumping salariale. In un’unica risposta ai tre atti parlamenta­ri, il ministro dell’Economia Johann Schneider-Ammann ha spiegato che la questione dei salari minimi in un determinat­o Ccl è di competenza delle parti sociali e non dello Stato. Secondo il consiglier­e federale, durante la consultazi­one diversi rappresent­anti ticinesi hanno sottolinea­to che i salari minimi previsti nel contratto collettivo erano troppo elevati. Dopo aver attentamen­te esaminato la situazione, il governo è giunto alla conclusion­e che l’accordo trovato fra i partner sociali non prendeva sufficient­emente in consideraz­ione gli interessi regionali del Canton Ticino, ha aggiunto Schneider-Ammann. A suo avviso, un salario minimo troppo elevato nel cantone a sud delle Alpi avrebbe potuto provocare licenziame­nti o chiusure delle stazioni di servizio. La palla, ha proseguito il consiglier­e federale, è però nelle mani delle parti sociali. Queste ultime potrebbero adattare il Ccl e trovare una nuova soluzione per il Ticino. Se non dovesse essere il caso, il governo rivaluterà la situazione dei negozi situati a sud delle Alpi.

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KEYSTONE Schneider-Ammann

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