Lucio Caracciolo: l’Italia deve la sua forza al disordine che ha attorno
Sembrerà paradossale, ma «oggi l’Italia si trova in una posizione di forza come mai le era accaduto prima. Non perché sia forte di per sé, ma per la vastità del caos che le sta attorno. L’Italia – sostiene il direttore di Limes Lucio Caracciolo – è un elemento decisivo di un sistema sull’orlo della frana». Nessuno può permettersi di “perderla”, dice in sostanza Caracciolo (ospite dopodomani del Circolo Battaglini, per dibattere con Roberto Balzaretti dei rapporti tra Svizzera e Ue, all’Usi, ore 18.30). «Pensi all’euro: una uscita dell’Italia ne significherebbe la fine e una conseguente crisi finanziaria ed economica globale. Quanto alle migrazioni, si è visto che la linea dura di Salvini ha “obbligato” la Spagna a mostrarsi solidale. Di questo l’Italia può farsi forte». Almeno nel breve periodo e con un occhio ai risultati elettorali... Il lungo periodo è un’altra cosa. Aprendo l’editoriale dell’ultimo numero di Limes, Caracciolo ha scritto che “L’Italia repubblicana è sempre stata il Sud del Nord e l’Est dell’Ovest. Oggi rischiamo di scadere a Nord del Sud e Ovest dell’Est”. Se il primo scenario è quello di un declassamento, il secondo comporta un riposizionamento strategico. È un processo ineluttabile, al di là delle scelte dei governi? «La tendenza è questa – osserva Caracciolo –. Quando dico che possiamo diventare l’Ovest dell’Est mi riferisco allo schieramento dell’Est Europa che va dalla Polonia all’Austria, e ora all’Italia di Salvini, nel quale sono evidenti le affinità ostili nei confronti dell’immigrazione e dell’islam». Non che i primi passi di politica estera del nuovo governo siano stati esemplari: al G7 Giuseppe Conte si è schierato con Trump nel momento in cui Trump si isolava dai propri alleati... «Ma guardi che un allentamento delle sanzioni nei confronti della Russia era già stato sollecitato da Renzi e poi da Gentiloni. Che poi la presenza della Russia al G7 sia un fatto simbolicamente importante è vero, ma considerato che il G7 non conta nulla, esserci o non esserci non fa differenza». Ma quali margini ha l’Italia per riposizionarsi, considerati i vincoli che le derivano dall’essere membro dell’Ue e della Nato? «Non vedo tutti questi vincoli. All’interno dell’Ue e della Nato, ognuno fa come crede. Pensi alla Russia: non si può paragonare la posizione polacca con quella italiana o tedesca. Quanto ai migranti, se Sanchez li accoglie, Salvini li respinge. Non sopravvaluterei le sigle, ma osserverei le strutture che agiscono a livello nazionale o subnazionale. Guardi lo scontro tra Berlino e Monaco di Baviera, opposti sui rifugiati. Seehofer minaccia di dimettersi se non otterrà un piano di respingimento, che invece Merkel non vuole». Come dire: non solo Italia.