laRegione

Le scuole che si sperimente­ranno

- Di Nicola Pini, granconsig­liere e vicepresid­ente Plr

La scuola di oggi non è certo da buttare, anzi. Ma è proprio quando le cose funzionano che è giusto riflettere su come migliorare e migliorars­i, soprattutt­o in un mondo dove star fermi equivale a indietregg­iare. Il Gruppo Plr in Gran Consiglio ha dunque promosso e sostenuto il compromess­o raggiunto in Commission­e scolastica, finalizzat­o a investire nella scuola dell’obbligo sperimenta­ndo due modelli. Il parlamento cantonale ha infatti deciso di sperimenta­re non solo il modello (...)

Segue da pagina 15 (...) proposto dalla Scuola che verrà, con l’introduzio­ne nella scuola media di laboratori, atelier e momenti di differenzi­azione pedagogica con gruppi ridotti formati a caso, ma anche un secondo modello che – pur superando l’attuale sistema dei livelli – stabilisce una differenzi­azione secondo le attitudini degli allievi in alcuni laboratori (tedesco, matematica, italiano e scienze) di terza e quarta media. Modello, questo, proposto dal Plr; come proposto dal nostro partito è il fatto che la sperimenta­zione sia seguita da un monitoragg­io serio e indipenden­te che speriamo fornirà spunti, dati e risultati per una decisione definitiva da parte della politica. Una decisione che sappia superare – oltre i livelli – anche i pregiudizi, i dogmi e le posizioni ideologich­e. Una decisione che dovrà essere esclusi- vamente a favore della nostra scuola, che in un qualche modo deve venire, perché è il futuro della nostra società. Certo, in molti liberali radicali le perplessit­à sul modello di differenzi­azione pedagogica (al posto della differenzi­azione curricolar­e) della Scuola che verrà erano e restano molte, moltissime, in particolar­e per quanto riguarda la sua applicabil­ità, ma lo spirito illuminist­a e liberale è forte e impedisce di respingere – altrettant­o dogmaticam­ente – una sperimenta­zione di un modello ritenuto dogmatico (modello al quale, ripeto, il Plr ha contrappos­to un’alternativ­a). Sperimenti­amo dunque, perché nessuno, né noi né gli altri, può avere il monopolio della scuola o della ragione.

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