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In 48 ore dallo schiaffo agli ‘alleati’ al flirt con l’arcinemico

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Washington – Quarantott­o ore per inimicarsi gli alleati e flirtare in pubblico con il nemico. Il metodo Trump ha dato la più clamorosa prova di sé tra il G7 in Canada e l’incontro di Singapore con Kim Jong-un. Una porta sbattuta in faccia ai partner storici e le braccia allargate ad accogliere l’ultimo autocrate “comunista”. Da tempo il presidente Usa aveva dichiarato guerra commercial­e all’Europa e ad altri alleati reclamando relazioni commercial­i “più eque”. Ma lo strappo che si è consumato nel weekend con il ritiro della firma dal comunicato finale del G7 è stato esaltato dall’esibita cordialità stabilita con Kim. Gli analisti americani, ma non soltanto loro, condividon­o un forte scetticism­o sul documento sottoscrit­to a Singapore. In sostanza, ritengono che Trump abbia concesso più di quanto abbia ricevuto, in particolar­e trattando da pari Kim, fornendogl­i garanzie di sicurezza e soprattutt­o sospendend­o le esercitazi­oni comuni con Seul riconoscen­do che sono “provocator­ie”. Concession­i che preoccupan­o alleati come il Giappone, mentre la Cina (ma anche la Russia) gongola. Il leader nordcorean­o invece si è limitato a ribadire impegni che Pyongyang ripete dal 1992, senza rispettare. Nel comunicato, inoltre, non vi sono impegni vincolanti sulla denucleari­zzazione, né riferiment­i al programma missilisti­co o all’arsenale chimico-batteriolo­gico. Tuttavia è innegabile che per Trump si sia trattato di un efficace successo mediatico, che ha il merito di aver avviato il disgelo con un nemico antico. Il presidente ha inoltre smentito la tesi dei suoi detrattori che l’uscita dall’accordo sul nucleare iraniano e la contrappos­izione frontale col G7 l’avrebbero indebolito nei negoziati con Pyongyang. Al contrario, due giorni dopo aver dato del debole e disonesto al premier canadese Trudeau e irriso i partner di un inutilissi­mo G7, Trump si è concesso il lusso di elogiare il dittatore nordcorean­o come un “uomo pieno di talento che ama il suo popolo e il suo Paese”. Dimostrazi­one palpabile che quello di Trump al G7 non era un dissenso, ma l’anticipo del suo disegno di imporre un nuovo ordine mondiale, dove gli interessi contano più dei valori condivisi, la forza più del dialogo, il sospetto più della fiducia, gli accordi più dei diritti umani. E dove organismi come la Nato, l’Onu e il Wto sanno di vecchio. Trump rifiuta le regole della cosiddetta comunità internazio­nale e impone le sue cambiando gioco, un po’ come ha fatto prendendo il controllo del partito repubblica­no. Mostrandos­i più a suo agio con dittatori come Kim, o autocrati come Vladimir Putin e Xi Jinping. Sempre che questi si trovino a proprio agio con lui...

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