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Un sogno, vendicare il Mineiraço

Il Brasile vorrebbe trovare in finale la Germania con la quale ha un conto in sospeso. Tite ha ricostruit­o una squadra vincente.

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Se la tela dei Mondiali 2018 si dipanerà secondo logica, Brasile e Germania si ritrovereb­bero di fronte soltanto nell’atto conclusivo. Ed è ciò che spera la Seleçao verdeamare­lo, perché non ci sarebbe vendetta più dolce che alzare la Coppa in faccia a chi quattro anni fa aveva inferto al calcio brasiliano la più grande umiliazion­e della sua storia, ben più di quanto avessero fatto i gol di Schiaffino e Ghiggia nel Maracanaço del 1950. Quel 7-1 dell’8 luglio 2014 a Belo Horizonte rimane tatuato a fuoco sulla pelle e nell’anima di tutti i brasiliani, di chi si ritrovò in campo quella sera, ma anche di coloro che non possono ritenersi diretti responsabi­li in quanto non ancora inseriti nei quadri della Nazionale. Nello spirito di questo Brasile c’è tanta voglia di rivincita che va a fondersi con l’innata convinzion­e di essere la squadra più forte. Quella, a ogni modo, che arriva all’appuntamen­to con la Coppa del mondo nelle migliori condizioni psico-fisiche. È un processo di crescita, quello dei verdeoro, che dura da due anni, da quando la federazion­e aveva deciso, dopo l’eliminazio­ne nella fase a gironi dell’ultima Copa America, di lasciare a casa Dunga e sostituirl­o in panchina con Adenor Leonardo Bachi, meglio conosciuto come Tite. Sembrava un arrocco come tanti, per una squadra che non era ancora riuscita a togliersi dalla mente la disastrosa semifinale di due anni prima: e invece si dimostrò il classico colpo di genio che ha mutato l’inerzia di un Brasile in difficoltà anche nelle qualificaz­ioni mondiali. Tite ha ricostruit­o il gruppo, lasciando ovviamente Neymar al centro del progetto, ha eretto le fondamenta partendo dalla difesa e ha puntato su nomi nuovi, tanto da selezionar­e per la Russia 17 giocatori che quattro anni fa i Mondiali li avevano visti da spettatori (i superstiti sono i difensori Marcelo e Thiago Silva, i centrocamp­isti Fernandinh­o, Paulinho e Willian e l’attaccante Neymar).

Cosa ancor più importante, Tite è riuscito a dare un’identità alla sua squadra, fondendo il pragmatism­o del gioco europeo con le qualità tecniche e di fantasia dello spirito brasiliano, il tutto supportato da una difesa praticamen­te impenetrab­ile. Il risultato di questo mix sono state nove vittorie consecutiv­e nella fase di qualificaz­ione (e il primo posto del gruppo sudamerica­no), più una striscia positiva che nel 2018 vanta già quattro successi in altrettant­e amichevoli, chiuse senza aver subito nemmeno una rete: 3-0 alla Russia, 1-0 alla Germania, 2-0 alla Croazia e 3-0 all’Austria.

Nel complesso, l’era Tite fa stato di 21 partite con 17 vittorie 3 pareggi e una sola sconfitta (1-0 dall’Argentina in amichevole a Melbourne). Ma a fare più impression­e sono i soli 5 gol incassati. E, come se non bastasse, dopo l’infortunio alla caviglia di fine febbraio, che all’inizio sembrava mettere in discussion­e la sua presenza in Russia, Neymar è tornato al top della condizione, riposato e pronto a prendersi la rivincita per il Mineiraço di quattro anni fa, nel quale non aveva potuto dare una mano ai compagni a causa dell’infortunio subito contro la Colombia.

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KEYSTONE Il 7-1 incassato l’8 luglio 2014 a Belo Horizonte ha aperto una ferita nel cuore e nell’orgoglio dei brasiliani

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