Sfida transoceanica tra il Marocco e gli ‘americani’
Domani prenderà avvio la fase finale della Coppa del mondo in Russia che precederà quella del 2022, per la prima volta organizzata in una nazione araba (Qatar). Ma la Fifa guarda già più avanti e oggi, nel corso del congresso in programma a Mosca, sceglierà il paese nel quale disputare i Mondiali del 2026, i primi, forse, a 48 squadre. In lizza due candidate in rappresentanza di quattro nazioni: da una parte il Marocco, dall’altra l’unione tra Stati Uniti, Canada e Messico. Due candidature molto diverse, per estensione geografica e per prospettiva di introiti. Il Marocco sembra poter rappresentare l’unione euro-africana, con un potenziale superiore ai 100 voti (55 l’Uefa e 53 la Caf). La vicinanza al continente faro del calcio mondiale (la frontiera Nord dista appena 14 km dall’Europa) pone il regno africano in una posizione geografica ideale. Ma si punta sul Marocco anche per questioni commerciali, in primo luogo legate ai diritti tv: con un Mondiale a 48 squadre le partite giornaliere sarebbero quattro e poterle trasmettere senza doversi adattare ai fusi orari rappresenta un vantaggio innegabile. La sfida del Marocco non sarà però una passeggiata. Come è facile immaginare, la candidatura Stati Uniti-Canada-Messico è una sorta di corazzata che, per convincere i delegati, conta soprattutto sulle fantasmagoriche previsioni di introiti. Carlos Cordeiro, presidente della federazione statunitense ha annunciato che la Coppa del mondo 2026 porterebbe nelle casse della Fifa 11 miliardi di dollari su una cifra d’affari di 14 miliardi: quattro volte tanto rispetto ai 2,6 di Brasile 2014. Cordeiro spera inoltre nella vendita di 5,8 milioni di biglietti, con una media spettatori di 72’500 a partita, ben più del record stabilito, guarda caso dagli Stati Uniti, nel 1994 (68’991). La Coppa del mondo nord e centroamericana proporrebbe 23 stadi, dei quali tre in Messico, tre in Canada e 17 negli Stati Uniti.