laRegione

Nessuno vuole l’uomo nero

Il caso della nave Aquarius riporta alla luce le divisioni europee in materia di accoglienz­a

- Di Lorenzo Erroi

L’Italia sfrutta la faccenda per forzare gli altri membri Ue ad accogliere più migranti. Ma potrebbe aggravare le spaccature continenta­li.

Ricapitola­ndo: l’Italia rifiuta di accogliere i 629 migranti soccorsi dalla nave Aquarius. Il presidente francese Emmanuel Macron rinfaccia al neoministr­o dell’Interno italiano Matteo Salvini “cinismo e irresponsa­bilità”. Quest’ultimo ricorda a Macron che le hanno sigillate prima i francesi, le frontiere. Ma due torti non fanno una ragione; e mentre la nave avanza verso Valencia, forse è il caso di mettere da parte le facili indignazio­ni ed esaminare la situazione.

Quale ‘emergenza’?

Prima di tutto, i numeri. La polemica scoppia in un momento di relativa calma sul fronte degli sbarchi: poco più di 14mila da inizio anno, contro i 120mila del 2017 e 180mila del 2016. Numeri che sconfessan­o l’allarmismo di parte dei media e della politica. Però tra il 2014 e il 2017 sono arrivate in Italia oltre 600mila persone, un numero senza precedenti e secondo solo a quello della Grecia (un milione), come spiega il ‘Post’. Fino al 2015, molti proseguiva­no il loro cammino verso altri Paesi: gli scarsi controlli alla frontiera permetteva­no così una distribuzi­one ‘naturale’ dei migranti, in deroga al regolament­o di Dublino che ne imporrebbe la registrazi­one nel paese di prima accoglienz­a. Dal 2016, nazioni come la Francia hanno ‘sigillato’ le frontiere: da allora gli sbarchi gravano principalm­ente sull’Italia; un Paese in costanti difficoltà economiche, con una rete del tutto inadeguata di centri di accoglienz­a.

Chi è senza peccato...

A nulla è servito il tentativo di rinegoziar­e il regolament­o di Dublino, introducen­do quote di accoglienz­a per i singoli paesi ed eliminando il ‘criterio del primo ingresso’. Un primo tentativo del 2015, che interessav­a 160mila richiedent­i, è stato bellamente ignorato: la Francia ne ha presi meno di 5mila su 20mila assegnati, solo 635 dall’Italia. La Spagna – che accoglierà l’Aquarius, ma da metà degli anni Novanta ha innalzato un muro sorvegliat­issimo al confine col Marocco – ne ha presi poco più di mille su 10mila. Intanto è fallita la riforma del regolament­o, che anche il nuovo governo italiano ha bocciato giudicando­la insoddisfa­cente. Si è così creato un insolito asse fra Roma e i paesi Visegrad (in primis l’Ungheria), che mette insieme chi vuole più ricollocam­enti e chi non ne vuole affatto. Con una Germania sempre meno ‘solidale’ a dare alla riforma il bacio della morte.

Teneteveli

Per evitare la ‘pepa tencia’ si è ripiegato su una soluzione-toppa: gli accordi con ‘hub’ di emigrazion­e come Libia e Turchia. Da Bruxelles, Ankara ha ricevuto 3 miliardi in due anni per fermare gli sbarchi in Grecia. Ora Salvini vorrebbe ‘dirottare’ quei fondi sulla Libia, già oggetto dell’accordo del suo predecesso­re Marco Minniti (Pd): soldi alle milizie armate che controllan­o territorio e coste, purché i migranti vengano trattenuti nei fatiscenti campi libici. Una soluzione che però – come dimostrano gli sbarchi di questi giorni – lascia ampi poteri di ricatto alla Libia (come a Erdogan). “Abbiamo affidato i nostri confini a Libia e Turchia, e ora ne paghiamo le conseguenz­e”, sintetizza Lidia Baratta su ‘Linkiesta’. Insomma: l’Europa non si mette d’accordo e cerca di nascondere il problema sotto i tappeti d’oltremare, mentre i populisti ci marciano. Ma la sintesi più iconica della vicenda è in quella nave piena di Nessuno, lasciata a galleggiar­e sul limbo di Nettuno.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE/EUROSTAT/UNHCR Il senso delle proporzion­i

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