laRegione

Paga come mangi

- di Catherine Galloway, Sparknews

Mentre paga la sua consumazio­ne in un bar di Parigi con una valuta che ha lanciato lui stesso pochi giorni prima, il 20enne studente di economia Lucas Rochette-Berlon sembra estremamen­te rilassato. Dunque quanto è difficile, esattament­e, inventare un nuovo sistema monetario da zero, disegnare e stampare le banconote e persuadere centinaia di piccole attività e i parigini stessi ad adottarlo? «Abbastanza difficile – sorride –, ma non impossibil­e». La nuova moneta si chiama “la pêche” – in riferiment­o a una rete storica di alberi di pesco a Parigi. Oltre allo slogan “think global, act local”, il nome della valuta gioca sul doppio senso dell’espression­e francese “avoir la pêche,” ovvero disporre di molta energia ed entusiasmo. Mentre ammette di non aver dormito molto negli ultimi due anni da quando la sua organizzaz­ione, ‘Une Monnaie Pour Paris’ (una valuta per Parigi), ha guadagnato popolarità, Rochette-Berlon è ancora carico di entusiasmo per un progetto che sente potrà contrastar­e le ineguaglia­nze sociali, economiche, ambientali e democratic­he in un solo pacchetto. La pêche è entrata in scena a Parigi il 12 maggio di quest’anno, dopo un lancio di successo in periferia nel 2014. Come centinaia di altre valute comunitari­e che stanno acquisendo influenza in tutto il mondo, quest’ultima è appesa, e opera accanto, alla moneta nazionale ufficiale. Con un euro, in questo caso, è possibile acquistare una pêche parigina. 100 euro danno diritto a 103 pêches, per cui l’acquirente è libero di intascare anche le altre 3 monete extra, oppure donarle all’organizzaz­ione benefica di sua scelta, o inserirle in un salvadanai­o come ‘pêches per la comunità’, che potranno essere donate a chi ne ha più bisogno. Per Rochette-Berlon, anche in questa era digitale del bitcoin e della blockchain, avere dei soldi di carta da poter toccare e scambiare fisicament­e è fondamenta­le poiché «permette a coloro che non hanno accesso a queste tecnologie o addirittur­a alle banche, come i senzatetto o gli immigrati o altri gruppi svantaggia­ti, di beneficiar­e del sistema e di rimanere parte della società». Mentre la pêche continua a crescere, Parigi è destinata a diventare la prima grande capitale con una propria valuta alternativ­a utilizzata in tutta la città. Oltre Manica, nella potenza finanziari­a londinese, sono comparse differenti valute in diverse aree. La prima, il Brixton pound, lanciata nel 2009, un anno dopo la crisi finanziari­a globale, ha fatto tremare la City e ha contribuit­o alla crescita di una sfiducia popolare nei confronti delle grandi banche, specialmen­te tra i millennial­s che iniziavano a chiedersi come e dove spendere i propri soldi. La sterlina di Brixton mira a “sostenere e instaurare diversità e resilienza nell’economia locale di Brixton, alla luce di tempi economicam­ente difficili” e a fermare la circostanz­a per cui “80p di ogni £1 spesi localmente lasciano la zona”. Oltre 250 attività a sud di Londra attualment­e accettano la valuta. E stampare la faccia di David Bowie, originario di Brixton, e non quella della Regina, sulla banconota da 10 sterline aggiunge quel tocco in più che il denaro non può comprare. Un anno fa, la zona ad est di Londra è entrata in azione con una sterlina locale completame­nte digitale – il quarto lancio per la start-up israeliana Colu, la quale porta avanti con successo progetti di valute comunitari­e a Tel Aviv, Haifa e nella città portuaria inglese di Liverpool, e che gestisce 2 milioni di dollari statuniten­si in transazion­i ogni mese. Seduto appena due chilometri più in là dall’enclave tradiziona­le della City, Ollie Warne è il primo commercial­ista a Londra ad accettare questa moneta virtuale insieme alla comune sterlina. Al momento la sua ditta, Cottons, ha diversi clienti che pagano regolarmen­te tramite l’app Colu per smartphone, incluso un produttore locale di gelato, Hackney Gelato. Secondo Warne, «il fatto di dover essere un’attività indipenden­te per utilizzarl­a è un grande punto a favore per me». Dopo aver pagato il commercial­ista, il parrucchie­re o il titolare della boutique preferita tramite il portafogli­o digitale Colu, un messaggio si illumina sul telefono congratula­ndosi con voi per essere dei “supereroi locali”. Con un semplice tocco, l’acquisto diventa parte di un sistema economico alternativ­o che sostiene quello che Colu chiama “il triplice obiettivo finale: persone, città e attività”. In meno di due anni di operazioni, il 33enne cofondator­e di Colu e amministra­tore delegato Amos Meiri ha visto questa rivoluzion­e dei consumator­i prendere il volo: «Vediamo davvero che le persone stanno diventando più consapevol­i dei propri modelli di consumo e della circolazio­ne (o spreco) di denaro nella propria comunità». I sostenitor­i di valute comunitari­e puntano tutti ad una crescita del capitale sia finanziari­o che sociale tra gli utenti. Conoscere e fidarsi dei propri fornitori e clienti, acquistare localmente per ridurre i chilometri percorsi dai cibi e fare in modo che il denaro continui a circolare all’interno della zona anziché andare altrove, sono tutti elementi definiti come effetto moltiplica­tore locale. Tornando a Parigi, Rochette-Berlon attacca con cura un adesivo con la scritta “si accettano pêches” alla vetrina del bar, riflettend­o sulla recente campagna di crowdfundi­ng che ha visto ‘Une Monnaie Pour Paris’ raccoglier­e 21mila euro in tempi record. Il denaro consentirà all’organizzaz­ione di assumere i primi dipendenti a tempo pieno e di offrire monete spicciole oltre alle banconote dal bellissimo design. Come ricorda Rochette-Berlon, lui e il suo giovane team in principio venivano liquidati da tutti coloro a cui si rivolgevan­o come “un gruppo di ragazzi che stanno svolgendo una grande comunicazi­one, nulla più”. In ogni caso, sottolinea, essere bravi a comunicare è molto importante se si sta cercando di fare in modo che una capitale con oltre due milioni di abitanti localizzi la propria filiera e cambi radicalmen­te il modo in cui spende. Ora, ride, «l’amministra­zione comunale bussa alla nostra porta». Non sono spiccioli.

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