Tassellatura basilese
Il reportage / Visita ad ArtBasel, fra arte, mercato, imposture e ‘conquiste civili’
Stupefacente, banale, ruffiano, autolesionista, illuminante e trascurabile, contraddittorio, caotico, calcolatore... Questo e altro ancora è il sistema in espansione della fiera d’arte...
Il sistema Art Basel quest’anno si è arricchito di una nuova fiera, anzi due. Quando scrivo “sistema Art Basel” non intendo tanto fare riferimento all’azienda Art Basel, la cui marca ormai si sta affermando in varie località del mondo (sulla speciale App disponibile per gli smartphone troviamo anche le “Artbasel cities”, iniziativa di marketing e di pedagogia ai valori dell’arte contemporanea lanciata nel 2016); intendo il sistema del mondo basilese (che arriva alle città confinanti della Francia come Saint Louis e Mulhouse). Abbiamo dunque Paper Positions, a sua volta sede locale di una iniziativa già promossa a Berlino e a Monaco di Baviera; e c’è anche Frame.
Un sistema impegnativo
Si tratta di un sistema irto di discontinuità e scomodità, nonostante la potenza di investimenti che lo caratterizza e l’esperienza pluridecennale. Passare da un tassello all’altro è impegnativo, a cominciare dall’aspetto logistico: la fiera Liste vuole dire salire e scendere milioni di gradini attraverso loculi caratterizzati da enormi sbalzi di temperature; Photo Basel, Scope, Frame e Paper Positions sono affastellate di stand minuscoli e zeppi, dove è difficile riconoscere e distinguere. Tranne che a Scope e Frame, io ho trovato ovunque stimoli interessanti come la discussione sul sistema con la gallerista nello stand di Marcelle Alix a Liste, oppure le immagini di Ute Mahler e la conferma di George Rousse nello stand della galleria Springer a Photobasel. A Paper Positions le occasioni sono piuttosto numerose. Ecco quindi che partecipare a un evento sistemico come lo sono i giorni di Basilea consente di accedere alle molteplici sfaccettature di un mondo che ci dice molto, ci spiega qualcosa, ci stupisce con le continue contraddizioni e gli autolesionismi e ci fa notare come i sistemi di potere siano fragili e inerziali. Entriamo nella imperiale fiera centrale, divisa nelle tre sezioni: Unlimited dove il gigantismo si esprime in modo mal
destro, con preziosità difficili da percepire; il piano terreno dove si trova la merce più storicizzata e quintali di capolavori e dove è ancora possibile avere una discussione con un gallerista a proposito dell’uso del colore mauve; il primo piano dove ci si tuffa in una situazione più contemporanea. Si riesce a lavorare piuttosto bene perché la quantità di persone veramente importanti (dette Vip First Choice) diventa sempre più numerosa e affolla gli spazi prima che entrino le persone poco importanti (dette Vip), le quali beneficiano della propria paramarginalità.
Geometria di un nome
La fiera è piena di galleristi: quelli che espongono, quelli che si aggirano per aggiornarsi e accalappiare potenziali
clienti o fare affari con i galleristi che espongono. Dopo due giorni di fiera ci sono galleristi che non hanno venduto niente, altri sono appagatissimi. In questo vivace flusso possiamo cogliere alcuni aspetti interessanti, per esempio a proposito delle ricorrenze. Vi è una serie di nomi che continuano a ricorrere e che nel corso degli anni cambiano o permangono. Così noi entriamo in fiera, vediamo abbastanza in fretta un’opera di Jim John (nome di fantasia) e poi continuiamo a ritrovare quel nome insieme ad altri e comprendiamo che Jim John è, in questo contesto, più che un artista (talvolta può esserlo, talaltra è un millantatore), un tassello di un sistema. Negli ultimi anni, accanto ai Jim John abbiamo talune Jane Jim (nome di fantasia) che si affiancano e al secondo giorno di fiera possiamo leggere su un rotocalco “specializzato” che un quadro di Jane Jim è stato venduto a enne milioni di dollari e che è pertanto un piacere il poter constatare come, nonostante ella sia femmina, riesca a vendersi quanto un maschio: un importante risultato della nostra civiltà. Perché tale ricorrenza di tasselli, che talvolta diventa controproducente, nel momento in cui per esempio troviamo un lavoro di Aldo Nolde (nome di fantasia) a 515’000 euro nello stand della galleria Tale e a 18 metri di distanza lo stesso lavoro nello stand della galleria Talaltra (uno dei due è già venduto e me ne viene proposto un terzo disponibile a magazzino)? Per una serie di motivi complessi: da una parte vi è un lavoro sistemico che impone una certa merce sul mercato, come le Audi, la Red Bull, i prodotti Ferrero o le Hogan; dall’altra la galleria, per accreditarsi presso il sistema, deve dimostrare di essere in grado di mettere sul banco la merce ics, cioè quel tassello. Tutto ciò ci è utile per capire il comportamento apparentemente schizofrenico delle gallerie, che spesso gli artisti soffrono, quando si sentono dire: il tuo è un lavoro stupendo ma io sto passando da 23 a 29 artisti e non ho risorse per acquisirne altri. Questi 23 e 29 (una buona parte dei quali non hanno niente da dire, con grande dolore degli artisti che lavorano e non hanno sbocco commerciale) includono tasselli che consentono alla galleria di galleggiare nella situazione sistemica o di ambire a arrivarci. Ecco che il sistema ArtBasel si compone di una sommatoria di Jim John, Jane Jim, Aldo Nolde e ics tasselli, tra i quali e affianco ai quali poi possiamo trovare manufatti artistici.