Paolo Conte, 50 anni d’Azzurro e di carriera
«Anche da vecchi si può vivere bene. Sono tante le stagioni della vita e non necessariamente la gioventù è la migliore». Paolo Conte, 81 anni compiuti a gennaio, racconta di avere un rapporto «teso con il tempo», eppure a vederlo esibirsi, con la sua voce calda e pastosa, sul palco delle Terme di Caracalla a Roma, non sembrerebbe. L’occasione? Celebrare i 50 anni di ‘Azzurro’, il brano portato al successo da Adriano Celentano che porta la firma di Vito Pallavicini e la sua: «Ma la mia è solo per la musica, perché all’epoca non ero iscritto alla Siae come paroliere, ma solo come compositore». Conte, del resto, si è sempre definito più musicista che cantautore: «Ma mi rendo conto di essere stato capace anche di scrivere. Ho sempre detto che mi piace più far musica, perché nasce dal niente». Mezzo secolo di ‘Azzurro’, uno dei brani italiani più noti al mondo: «Cinquanta... Ma non sono solo 50 anni della canzone, sono 50 anni della mia carriera, passati in un lampo. È stato un brano molto importante per me e non l’ho mai dimenticato. Allo stesso tempo però non ne sono stato condizionato stilisticamente», aggiunge, consapevole anche che una parte del merito di un successo così planetario sia anche del Molleggiato: «Lui era l’interprete ideale. Se l’avessi cantata io, non la conoscerebbe nessuno»... Conte si dice però «giudice unico» delle sue composizioni (che non lascia ascoltare prima della stampa finale a nessuno), perché «voglio sbagliare da solo», e ritaglia per sé una definizione «preparata per le grandi occasioni, tipo l’Oscar o il Nobel: un trifoglio in un campo di quadrifogli». ‘Azzurro’ uscì nel 1968, anno di grandi cambiamenti, «ma io già lavoravo, non l’ho vissuto come lo hanno vissuto i giovani. Anche nelle mie canzoni non ho mai voluto far passare idee particolari, ma raccontare l’uomo, quello del dopoguerra, quello che si è rifatto una vita ma anche quello dei fallimenti. E proprio ai falliti ho offerto una tazza di caffè fumante». Le sue canzoni migliori? «Dal punto di vista musicale penso a ‘Gli Impermeabili’, dal punto di vista delle parole a ‘Genova per noi’». Refrattario alle tecnologie («non ho neanche il telefonino») e amante del vecchio jazz e della classica, Conte presta poca attenzione a quella emergente: «Anche Sanremo, quello di Baglioni, non ce l’ho fatta a vederlo tutto. Partecipare? Non ho la canzone da presentare e anche l’avessi non la presenterei. Non mi piace la gara».