La fiducia vien segnando
Tanto montò l’attesa, e con essa la sensazione che si potesse strappare un risultato positivo, che il gol di Coutinho la smorzò. Poi subentrò lo scoramento, figlio della manifesta inferiorità di una Svizzera che nel primo tempo ha penato e subìto. Sia il gol, sia la verve della Seleção, lanciata in orbita dalla perla balistica del fantasista del Barcellona, il gol che solitamente taglia le gambe alla compagine meno quotata. Poi, l’imponderabile: l’episodio che le dinamiche della partita ribalta quasi completamente: il gol di Zuber, un misto di furbizia e opportunismo, in avvio di ripresa.
Sotto nel punteggio e nettamente in difficoltà anche sul piano della prestazione, la Svizzera bagna il debutto mondiale con un pareggio firmato dalla zuccata di Zuber in avvio di ripresa. Il Brasile spinge, il finale di gara è sofferto, ma i rossocrociati resistono e incamerano un punto pesante nell’ottica del passaggio del turno.
Segue dalla Prima Il dettaglio a favore che cambia l’inerzia altrimenti conclamata, a beneficio degli avversari, più quotati e più forti. Già, perché se fino a quel colpo di testa viziato da una spintarella non del tutto innocua i rossocrociati erano parsi in difficoltà, il pareggio ne ha completamente rilanciato le quotazioni in un duello che si è poi fatto rusticano. Vuoi per la carica adrenalinica che ha scosso gli elvetici, vuoi per il contraccolpo psicologico che ha irretito i brasiliani, usciti a lungo di scena e riemersi solo per lo scontato forcing finale lungo il quale, va ricordato per onor di cronaca, hanno avuto tre limpide palle gol. Ma non se n’è fatto niente, per i nervi saldi di Sommer, per l’imperizia di chi ha avuto sul piede il pallone della vittoria. È il bello o il brutto del calcio, a seconda della prospettiva scelta per l’analisi. Da quella rossocrociata, l’affare fatto è enorme, il pareggio è grasso che cola, alla luce proprio di una prestazione tutto fuorché esaltante, ma ugualmente ripagata dal primo punto di un Mondiale che può regalarne altri, anche perché né Serbia né tantomeno Costa Rica si avvicinano alla cifra tecnica espressa dalla squadra di Tite.
Ammirevole Behrami
Lo ha accusato eccome, il colpo, il Brasile, padrone del campo fino alla prima vera avversità, poi aggrappatosi agli spunti dei suoi fuoriclasse per cercare di venire a capo della fiera resistenza di una Svizzera trascinata per 70’ da Valon Behrami, l’unico a capirci qualcosa quando la partita scorreva a senso unico, incanalata lungo una potenziale vittoria verdeoro dal fantastico destro a giro di Coutihno. Non è un caso che il rossocrociato che ha abbozzato la chiusura sul tiro vincente sia stato proprio lui, Valon, l’uomo senza il quale ti viene spontaneo chiederti quale fine farebbe la Svizzera, alla luce di tutti i palloni che recupera e dei duelli che vince.
Quella chiusura non gli è riuscita, ma resta l’immagine del tentativo di rimediare, specchio di un atteggiamento esemplare che andrebbe insegnato e tramandato, a beneficio di chi ha piedi più morbidi ma non lo stesso spirito, né lo stesso attaccamento. Il problema è che la Svizzera è rimasta a lungo ferma lì, alla carica agonistica del ticinese, uno che nei contesti di difficoltà si esalta fino a diventare eroico. Poco, per ambire a rimediare, per legittimare un pareggio, che però invece è arrivato. Figlio del più classico degli episodi estemporanei, più che di una trama ragionata o di una reazione d’assieme concertata. Ma tant’è, la maniera conta zero rispetto alla portata di un risultato che se non premia la prestazione, al di sotto delle attese (quanto al di sotto del potenziale lo diranno le prossime partite), ripaga la ritrovata convinzione di una Svizzera che ha serrato i ranghi e difeso con ogni mezzo il pareggio, pur con l’aggravante della sostituzione forzata di Behrami, pur concedendo a Firmino e Fernandinho un paio di occasioni colossali, una delle quali sventata da Sommer, reattivo, l’altra da Schär, assurto a protagonista positivo con il passare dei minuti. Affanno autentico, nel finale, ma è stato lo scotto da pagare a un pareggio strappato con le unghie, che lancia in maniera ideale la Coppa del mondo dei rossocrociati. Non sarà più Brasile, d’ora in avanti, ma non è detto che la matassa diventi meno intricata C’è un bonus da capitalizzare, è sarà tutto fuorché semplice.