Consiglio di dimissione
Dopo l’annuncio del ritiro anticipato di Vassalli, cresce la pressione sul resto del Cda della Posta
Il presidente Schwaller nella vicenda AutoPostale avrebbe tergiversato. Aeschi (Udc) chiede anche la sua testa. Hadorn (Ps): piena luce sul biennio 2016-2017.
Sette giorni fa, presentando i risultati dell’inchiesta interna sulla vicenda AutoPostale, il presidente del Consiglio di amministrazione (Cda) della Posta Urs Schwaller ha abbozzato un’autocritica: ha detto di assumersi la responsabilità per quello che oggi – col senno di poi – gli appare come “un comportamento troppo poco critico” da parte sua. Conseguenze concrete non ne ha tratte. L’ex ‘senatore’ Ppd, ha scritto ieri la ‘SonntagsZeitung’, già due mesi e mezzo dopo la sua nomina ha avuto indicazioni che per anni AutoPostale aveva manipolato la contabilità. Una bozza del rapporto di revisione datato appunto luglio 2016 riporta che la filiale della Posta era confrontata con un conflitto di obiettivi: l’Ufficio federale dei trasporti (Uft) gli imponeva di realizzare profitti per il gruppo ma di non fare utili col traffico regionale sovvenzionato. Nonostante questo – e malgrado il fatto di essere stato messo a parte il 28 agosto 2017 della scoperta fatta nel frattempo da uno scrupoloso revisore dell’Uft – il friburghese (che il domenicale definisce “Il presidente passivo”) ha atteso fino al 30 gennaio 2018 per informare l’intero Cda. Schwaller e gli altri membri del Cda hanno il pieno sostegno di Doris Leuthard. Lunedì scorso la responsabile del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti e delle comunicazioni (Datec) ha difeso l’operato del collega di partito, puntando invece il dito (senza mai nominarlo) contro l’ex presidente dell’organo di sorveglianza Peter Hasler. Da allora, però, man mano che nuovi elementi rivelati dalla stampa arricchivano il quadro della vicenda, la pressione sul Cda Posta è andata crescendo. In febbraio il direttore di AutoPostale Daniel Landolf e il responsabile delle finanze della società, otto giorni fa la direttrice della Posta Susanne Ruoff, l’indomani l’intera direzione di AutoPostale: sabato sera è caduta un’altra testa. A sorpresa, il vicepresidente Adriano Vassalli – messo in cattiva luce dal rapporto Kellerhals Carrard e da una perizia stilata da esperti indipendenti – ha annunciato con un comunicato le proprie dimissioni per il 26 giugno, data dell’assemblea generale dell’azienda. In merito alle critiche rivoltegli, il 64enne scrive di “non aver commesso alcuna violazione dei propri doveri” né di aver ricevuto “la famosa nota del 21 agosto 2013”, nella quale l’organo di revisione interna della Posta rilevava “la problematica del trasferimento dei costi a scapito del traffico finanziato da fondi pubblici”. Vassalli ha motivato la sua scelta con l’intenzione di facilitare un nuovo inizio dopo lo scandalo. Posta e Datec ne hanno preso atto con malcelato sollievo. Anche altri consiglieri d’amministrazione dovrebbero seguire il suo esempio: è quanto chiedono vari politici, da sinistra a destra. È inaccettabile che siano soltanto i responsabili operativi a pagare, afferma alla ‘SonntagsZeitung’ il capogruppo Udc in parlamento Thomas Aeschi (Zg). A suo parere, anche gli attuali membri del Cda (in particolare lo stesso Schwaller e Susanne Blank, anch’essa come Vassalli responsabile della gestione dei rischi) hanno trascurato i loro doveri e non sono più al loro posto. Il consigliere nazionale Philipp Hadorn (Ps/So) da parte sua rimprovera a Schwaller di aver ordinato un’inchiesta esclusivamente sul periodo precedente la sua nomina. “Naturalmente questo non va bene”, dice il deputato socialista alla ‘SonntagsZeitung’. Hadorn chiede perciò che venga fatta piena luce anche sugli anni 2016 e 2017. Poi si vedrà se Schwaller potrà restare o no. Certo è che la posizione dell’ex ‘senatore’ Ppd – perlomeno alla luce di quanto descritto in un rapporto supplementare sul biennio in questione ordinato da Datec e Amministrazione federale delle finanze – si è fatta negli ultimi giorni più difficile. Una settimana fa, il Consiglio federale ha optato per non dare il discarico totale ai membri del Cda della Posta per l’esercizio 2017, proprio per via della vicenda AutoPostale. L’esecutivo ha così lasciato aperta la possibilità che i dirigenti debbano rispondere finanziariamente del loro operato. Sarà l’inchiesta penale condotta dalla Polizia federale a stabilirlo.