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Come Trump incastra i media con un tweet

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Non è la prima volta che la stampa viene accusata di fare da grancassa a Donald Trump, dando spazio a dichiarazi­oni e provocazio­ni del presidente degli Stati Uniti. Ma questa volta a redigere la requisitor­ia, sulle colonne del ‘Guardian’, è il linguista George Lakoff, attento osservator­e della scena politica attraverso gli strumenti della linguistic­a cognitiva e i suoi importanti studi sulla metafora concettual­e. Il linguaggio attiva delle strutture cerebrali con le quali leggiamo il mondo e più determinat­i concetti e parole vengono ripetuti, più queste strutture si rinforzano, modificand­o la nostra visione del mondo. E questo avviene anche se neghiamo un concetto, come Lakoff esemplific­a nel titolo di un fortunato pamphlet tradotto in italiano: ‘Non pensare all’elefante!’. Qualcuno riesce a non pensare al pachiderma, leggendo quel titolo? E qualcuno riesce a non pensare a montature giornalist­iche quando Trump liquida gli articoli di testate quali il ‘New York Times’ e il ‘ Washington Post’ come fake news – testate che magari ribattono con un “non sono fake news”, rinforzand­o quella visione del mondo in cui le notizie sono false? E come non pensare a scandali come l’originario Watergate o il recente Dieselgate, quando Trump si inventa lo ‘spygate’ sostenendo di essere stato spiato da Obama durante la campagna elettorale. O ancora, le ingenue iperboli usate da Trump (“great”, “terrific”, “the best”) delle quali è facile prendersi gioco ma che comunicano l’importanza di quanto affermato. “Trump sta sottoponen­do la democrazia americana a una prova brutale” scrive Lakoff, e in questo “la stampa è diventata sua complice” dando forza alla sua narrazione. Per rimediare a questa situazione, conclude il linguista, occorre che i giornalist­i comprendan­o i meccanismi cognitivi della propaganda e, soprattutt­o, che riprendano il controllo delle notizie, raccontand­o e contestual­izzando gli eventi importanti, senza correre dietro alle dichiarazi­oni di Trump, senza riprendere le sue parole e le sue bugie, convinti che le persone le riconoscan­o come tali.

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