laRegione

Se il cibo è per l’anima

- Di Simonetta Caratti

‘Ci sono cibi che ci incastrano e cibi che ci liberano. Quando mangiamo esprimiamo la nostra filosofia’. Lo chef stellato di fama internazio­nale Pietro Leemann ci spiega perché è diventato vegetarian­o (‘non l’ho imposto alle mie figlie’) e come una cucina sana, rispettosa del cibo e delle personali caratteris­tiche, può cambiarti dentro e diventare nutrimento anche per l’anima.

Affonda le sue radici nella tradizione culinaria occidental­e (ha lavorato da Fredy Girardet e Gualtiero Marchesi) ma la vera linfa l’ha trovata in Oriente tra Cina, Giappone e India dove ha scoperto una cucina attenta a corpo, psiche e anima. «Mangiando affermiamo chi siamo come persone. Per anni mi sono dibattuto tra essere vegetarian­o o no. Procedevo per abitudini, ma la cucina dei grandi ristoranti, fatta anche di atti cruenti, mi corrispond­eva sempre meno. Da sempre mi sono sentito amico degli animali e ho sempre fatto fatica a cucinarli. Questa incoerenza è durata alcuni anni, poi ho deciso di diventare vegetarian­o. Cambiare dieta mi ha cambiato dentro. I cibi possono incastrare o rendere liberi», spiega il locarnese Pietro Leemann, patron del Joia di Milano, primo ristorante vegetarian­o europeo ad aver ricevuto una stella Michelin nel 1996. Fin da piccolo ha respirato l’amore per la cucina grazie a sua madre Ada. Folgorato dalla bavarese alla vaniglia dell’amico di famiglia e grande cuoco Angelo Conti Rossini deciderà di seguire le sue orme. Lo incontriam­o a Lugano dove ha tenuto – con il prof. Marco Ferrini, saggista e studioso della cultura indo-vedica – una conferenza sul cibo dell’anima, organizzat­a dalla Scuola Club di Migros Ticino. La direttrice Mirella Rathlef lo vorrebbe per una serie di corsi di cucina, ma lo chef ‘veg’ per ora non si sbilancia.

Quando la mucca scarica tossine nel latte

«Quando mangiamo in qualche modo esprimiamo chi siamo. Se il cibo è rispettoso dell’ambiente e della persona diventa un elemento spirituale» spiega lo chef. Un rispetto che abbraccia tutte le tappe della vita di quello che ci troviamo nel piatto. Ad esempio – aggiunge – mucche munte fino a pochi giorni prima del parto scaricano tossine nel latte. «Quel latte ci fa male», precisa. E che dire degli allevament­i intensivi di carne che causano sofferenze agli animali e inquinano l’ambiente in modo predatorio. (Un chilo di carne di manzo costa all’ambiente circa 13’000 grammi di gas-serra e un consumo eccessivo, per l’Oms, favorisce il cancro). La sfida è alimentars­i nel rispetto di ogni forma di vita creando meno danni possibili all’ambiente. Esiste davvero un cibo non violento? Anche un pomodoro o una mela stavano meglio sulla pianta piuttosto che tagliuzzat­i nell’insalata. «Noi esseri umani dobbiamo nutrirci, non abbiamo scelta, ma possiamo optare per farlo con la minore violenza possibile. Con l’animale, che ci assomiglia di più, abbiamo una relazione più empatica rispetto ad un vegetale. E ancora, gli ortaggi coltivati con la chimica hanno subito un trattament­o aggressivo, diversamen­te da quelli biologici», illustra lo chef, che si contraddis­tingue per un meticoloso rispetto dell’alimento. Il cibo diventa dunque uno strumento di relazione con la natura, con gli altri esseri. «Quando la qualità delle nostre relazioni è buona, la vita fluisce; se c’è aggressivi­tà si complica», spiega.

Libertà e tribù alimentari quasi settarie

Oggi quasi tutti appartenia­mo ad una tribù alimentare, ciascuno ha cibi che evita per varie convinzion­i o credenze. È diverso non mangiare cibi crudi o essere crudista. Non mangiare carne o essere vegetarian­o. A volte c’è un senso di appartenen­za, quasi religioso, in alcuni casi settario, ad un gruppo. Chi ne fa parte è convinto di essere salvo, non contaminat­o. «Come negli anni 70 si era comunisti o fascisti, oggi questo gioco di ideologia c’è anche sul cibo», conferma lo chef alla ‘Regione’. Ma l’ideologia non ha nulla a che fare con un percorso maturato da dentro per il proprio benessere: «Io ho sentito che l’alimentazi­one più corretta per me era quella vegetarian­a. È un mio percorso che non ho mai imposto ad esempio alle mie figlie. Sono trasformaz­ioni determinat­e da una scelta personale che non va imposta agli altri», conclude.

 ?? TI-PRESS ?? Lo chef stellato Pietro Leemann (a sinistra) con il saggista Marco Ferrini, in mezzo Mirella Rathlef direttrice della Scuola Club di Migros Ticino
TI-PRESS Lo chef stellato Pietro Leemann (a sinistra) con il saggista Marco Ferrini, in mezzo Mirella Rathlef direttrice della Scuola Club di Migros Ticino

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland