Il capitale umano di Omar
Una maggioranza risicata in Gran Consiglio sostiene la petizione di revoca di rimpatrio Sullo scrutinio parlamentare pesa però un’importante astensione da parte dei gruppi Plr e Lega (36 su 76)
«È stato un momento di gioia per Omar. È stato molto contento della notizia, perché sente la vicinanza delle persone ed è contento anche dell’appoggio del Gran Consiglio (Gc)». Così ha dichiarato da noi contattata telefonicamente Immacolata Iglio Rezzonico, avvocato di Omar Bewar, trentunenne curdo iracheno cui è stato negato il diritto d’asilo e invitato dalla Segreteria di Stato della migrazione (Sem) a lasciare la Svizzera, decisione confermata anche dal Tribunale amministrativo federale (Taf), a più riprese fra il 2014 e il 2017. La dichiarazione dell’avvocato segue l’esito del voto della seduta di ieri di Gc che doveva decidere se sostenere la petizione – forte di quasi cinquemila firme – inviata in marzo alla Commissione delle petizioni e dei ricorsi, che chiede la revoca di allontanamento dalla Svizzera verso il Kurdistan di Omar Bewar. Quella di ieri, non è stata una votazione facile, lo sottolineano il dibattito che ha impegnato per diverso tempo e soprattutto l’esito: su 76 votanti, 39 favorevoli (Partito socialista, Ppd e Generazione Giovani), 1 contrario e soprattutto 36 astenuti (Plr e Lega), che pesano. Iglio Rezzonico ha fatto notare che «il Gran Consiglio ha aderito sì alla petizione, ma mi è dispiaciuto sapere delle 36 astensioni. Non c’è un rapporto contrario, ma nemmeno un’adesione unanime», che sicuramente avrebbe mandato un messaggio molto più forte alle autorità. Adesso, ha aggiunto l’avvocato, «tornerò a scrivere alla Sem, dicendo che né le firme, né questo appoggio parlamentare sono vincolanti, però hanno comunque un peso, poiché denotano la buona integrazione di Omar, aspetto ritenuto e sottolineato anche dal Cantone, tanto da appoggiare» la petizione. A inizio giugno, la Commissione delle petizioni aveva sottoscritto a maggioranza il rapporto di Giorgio Fonio e Tatiana Lurati Grassi riguardante la raccolta firme, aderendo alla presa di posizione del Gc che nel 2015 aveva riconosciuto il rilascio di un permesso di dimora a Omar, secondo la clausola di rigore prevista dall’art. 14 della Legge federale sull’asilo (clausola non adempiuta pienamente secondo la Sem), con l’auspicio che le autorità federali riesamino il caso, tenendo conto del percorso di integrazione economica e sociale compiuto in questi anni.
La votazione in parlamento
«Il voto parlamentare di oggi – ha detto Giorgio Fonio – ha un valore esemplare: riconosce il valore dell’integrazione», invitando perciò a votare mettendo al centro la persona e il suo futuro. Dal canto suo il portavoce Plr Alex Farinelli ha annunciato l’astensione del suo gruppo; malgrado «il caso sia delicato e importante, il parlamento non ha la competenza per un’entrata in materia; quindi l’effetto [di una votazione positiva; ndr] creerebbe false speranze». Anche la Lega si è astenuta dalla votazione con Omar Balli che è stato concorde nel riconoscere «gli sforzi d’integrazione», ma ha deplorato, fra le altre cose, la tardività della petizione. Fra i sostenitori il Ps: «È una petizione che chiede il rispetto della protezione (negata) per chi rischia la vita», ha dichiarato Gina La Mantia. Così Ppd e Generazione Giovani che per mezzo di Lorenzo Jelmini hanno deciso di appoggiare «questa petizione per sostenere l’integrazione». Il caso è di quelli delicati: da una parte ci sono le leggi fredde e rigorose da far rispettare, nonché i limiti giuridici del governo cantonale che non può mettere in discussione le decisioni delle autorità federali (linea sostenuta dal Dipartimento delle istituzioni presieduto da Norman Gobbi che ha detto: «Non è di nostra competenza. Integrazione ci deve essere, ma una volta che si ha il permesso»). Dall’altra però, i consiglieri si sono trovati confrontati con una persona e la sua storia, che dal 2009 a questa parte si è impegnata e data da fare per ricostruire il proprio futuro in un altro Paese, facendone la propria casa. «Un caso esemplare di integrazione». Forse è la frase che più si è sentita dire durante la seduta, che non ha purtroppo aiutato a sciogliere le astensioni. Se l’esemplarità è stata messa su un piatto, sull’altro si sono posti i limiti delle competenze cantonali in materia.