Ordine, intensità, efficacia
Il rigore tattico e una precisa identità di squadra all’origine del bel pareggio contro il Brasile. Ma davanti il problema c’è.
Se lo dice anche Paolo Maldini, uno che qualcosa in carriera ha vinto (cfr. sotto), non vi è motivo di dubitare dei meriti della Svizzera, proiettatasi nel Mondiale inchiodando il Brasile sul pareggio. Il concetto di gruppo, di squadra, del resto, è storia vecchia, ma sempre di strettissima attualità. Riassumendo: si possono anche avere in organico alcuni dei più forti giocatori del mondo, ma senza una precisa identità di squadra, la vittoria non è scontata. È il principio sul quale fonda le proprie speranze chi tecnicamente dispone di una cifra inferiore all’avversario. È la base su cui poggia anche il proprio lavoro la Svizzera, forte di un paio di individualità interessanti, ma in grado di esaltarsi soprattutto quando in causa sono chiamati valori quali la solidarietà tra giocatori, l’unità di intenti, la collaborazione. Nel calcio moderno, quindi, essere squadra vera, muoversi di concerto e in armonia mandando a memoria la lezione di tattica impartita dall’allenatore, permette di sopperire a limiti tecnici che la differenza la possono fare, ma non è detto che avvenga per tutta la partita.
Massima applicazione
Altro elemento basilare è l’intensità. Il Brasile ha chiaramente – e colpevolmente – tirato i remi in barca, dopo il gol del vantaggio, concedendo respiro e campo ai
rossocrociati, per specchiarsi in accelerazioni e fraseggi che per una ventina di minuti la differenza l’avevano fatta per davvero. La Svizzera, per contro, sul piano dell’intensità non ha concesso sbavature. Ha sofferto, anche penato, ma la guardia è rimasta alta, così come la concentrazione. E qui torniamo al gioco di squadra: ciascuno ha tirato la carretta, a seconda del proprio ruolo. Lo ha fatto anche Shaqiri, uno che solitamente non brilla certo per l’apporto in fase difensiva. Lo ha fatto in primis Behrami, fuoriclasse dell’applicazione, personale e tattica, maestro del senso della posizione, uscito vincitore in 15 dei 20 duelli diretti con Neymar, contenuto benissimo, addirittura annullato, dall’alto di una capacità di lettura delle situazioni da giocatore fuori quota assoluto. Compattezza, intensità... E l’efficacia? Beh, se ripensiamo al modo in cui Zuber – e con lui la Svizzera – ha capitalizzato l’unica occasione creata, si può anche parlare di concretezza ammirevole. Per un giudizio più autorevole, però, non bisogna dimenticare che l’apporto del settore avanzato è stato una volta di più insufficiente. Seferovic in Nazionale è a secco di gol da cinque partite ufficiali, ha vinto un terzo dei duelli, ha procurato un solo fallo. Un bilancio insoddisfacente. Lo stesso Zuber, al di là del gol segnato con furbizia e opportunismo, ha palesato non poche difficoltà. Venerdì, in un contesto tattico meno votato al contenimento e più alla costruzione, alternative quali Embolo a sinistra e Gavranovic al centro dell’attacco possono rivelarsi più che mai utili. A patto che Petkovic deroghi per un attimo al proprio credo e alle proprie certezze, per imboccare una strada meno battuta ma non per questo destinata a condurre all’insuccesso.