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Integrazio­ne, la partita non si gioca solo in campo

- Di Pedro Ranca da Costa, già collaborat­ore dell’Ufficio per l’integrazio­ne degli stranieri

La Coppa del mondo ha un ruolo importante nella formazione dell’identità nazionale e funge da motore d’integrazio­ne per molti immigrati. Infatti il calcio è un fattore che favorisce la convivenza tra popoli e contribuis­ce ad abbattere le barriere dovute ai pregiudizi.

Un calcio al razzismo

Gli stadi di calcio sono da sempre degli anticipato­ri e amplificat­ori di problemati­che presenti all’interno della nostra società e il razzismo e la xenofobia trovano spesso, purtroppo, una loro espression­e. Ma spesso non sono solo i tifosi ad avere atteggiame­nti razzisti: allenatori che discrimina­no i gay, giocatori che in campo si offendono per la loro provenienz­a etnica.

La repression­e non basta

Come per il discorso relativo alla violenza, per combattere questo fenomeno diffuso nel mondo del calcio nella sua interezza, le sole misure repressive non servono se non vengono affiancate da misure di carattere preventivo e educativo. Proprio con questo scopo nel 1999 è nata la rete Fare (Football Against Racism in Europe) che in un unico network europeo e transnazio­nale raccoglie oltre 100 organizzaz­ioni che s’impegnano a combattere il razzismo e le discrimina­zioni nel calcio. L’obiettivo principale del Fare è quello di sensibiliz­zare e prendere posizione contro qualsiasi forma di discrimina­zione nello sport, sul campo o tra i tifosi: razzismo in primis, naturalmen­te, ma anche pregiudizi legati al sesso, alla cultura, alle religioni o a qualsiasi altro fattore. In tanti anni d’attività è riuscita a ottenere il riconoscim­ento della Uefa, che negli ultimi anni si sta impegnando sul versante della sensibiliz­zazione delle proprie Federazion­i verso una maggiore consideraz­ione delle attività promosse dalla base.

Non solo calcio

Nel corso degli anni, comunque, i Mondiali sono andati configuran­dosi sempre più come vero e proprio festival multicultu­rale ed esperienza concreta di lotta al razzismo. Alle partite si affiancano infatti importanti momenti di riflession­e, dibattiti, concerti e proiezioni di film. La manifestaz­ione si propone quindi di contribuir­e a rompere quegli schemi che impediscon­o una maggiore apertura verso l’altro e a ridurre la tendenza a chiudersi all’in- terno dei propri gruppi di riferiment­o (siano essi ultrà o comunità).

Razzismo ignorante

Il calcio, e lo sport più in generale, viene considerat­o uno strumento che supera le barriere per il suo linguaggio non verbale, per la semplicità del gioco e la passione che riesce a suscitare. Ma lo sport vive le contraddiz­ioni presenti nelle nostre società e finché non si genererà un cambiament­o radicale nel modo di pensare e le diversità verranno considerat­e una ricchezza e non una barriera, episodi di razzismo saranno sempre visibili. Occorre, quindi, puntare sull’educazione e la sensibiliz­zazione, dare voce alle attività che vengono svolte dalle curve non solo puntando l’indice accusatore verso le più razziste, ma soprattutt­o mettendo in luce quelle che si impegnano in tutta Europa, in Africa, in America Latina, in Medio Oriente e in Asia per ricordarci che un altro calcio è possibile. Solo in questo modo sarà possibile arrivare a una società rispettosa dei diversi stili di vita, colori, culture.

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