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Vacanze, ozio ma senza schermi

- Di Matteo Caratti

Da questa settimana migliaia di studenti si ritrovano a casa. A far che? A questa domanda possono esser date tante e diversific­ate risposte. Ci sarà chi si godrà ‘sempliceme­nte’ l’ozio, che a ben guardare dopo alcune settimane può anche rivelarsi un’operazione impegnativ­a. Perché le settimane di vacanza sono tante e a un certo punto può anche subentrare la noia. Una noia che sa anche essere potente e impietosa, che può persino ritorcersi contro i (poveri) genitori, che si sentono dire dai figli (spesso da quelli alle Medie) ‘mi annoio, che faccio?’. Così il genitore che si sente rivolgere – svogliatam­ente – quelle domande pensa fra sé e sé ‘ah, avessi io tutto quel tempo libero dopo anni di lavoro, saprei benissimo che farne!’, e si fa in quattro per proporgli: ‘Vai a fare un giro in città; vai in piscina; vai in bici; vai, esci e incontra degli amici…’ senza però riuscire a far troppo breccia. Se poi il genitore inizia a dire al figlio ‘noi alla tua età sapevamo benissimo cosa fare, i genitori non ci organizzav­ano mica la vita…’ apriti cielo, visto che quello che viene dagli ‘antichi’ sa spesso di muffa. Sarà, ma trent’anni fa si andava, per esempio, ad aiutare i contadini a far fieno, a mungere le vacche anche solo per una forma di formaggio che poi assaporavi in famiglia a settembre al rientro al piano. Poi ci sono – altra categoria di allievi – quelli che sanno organizzar­si: un po’ di ozio, un po’ di letture, un po’ di sport, un po’ di studio, viaggi pensati… Poi, altra categoria, ci sono quei ragazzi che non fanno in tempo a finir la scuola, che – non di certo per loro libera scelta – si ritrovano la valigia già bell’e fatta dalla mamma e l’estate super organizzat­a, settimana dopo settimana. Quindici giorni all’estero in un college, subito dopo un paio di settimane in montagna in qualche luogo possibilme­nte esclusivo, poi settimane molto particolar­i provando questa o quella attività, arrivando come satelliti a settembre, senza aver fatto vacanza... Il tutto finisce per costare non poco ai genitori, ma è il prezzo che sono disposti a pagare per poter (non dover!) lavorare sodo e tranquilla­mente anche durante l’estate. Il figlio fa un po’ la fine del pacco sballottat­o di qua e di là, ma è in mani sicure e i genitori sono tranquilli. Ora, non sarebbe male che pensando alla ‘Scuola che verrà’, il Cantone facesse anche una riflession­e sui mesi estivi: le strutture ci sono (aule, palestre e bibliotech­e), i docenti disponibil­i non mancano, gli allievi potenzialm­ente interessat­i a qualche offerta particolar­e, invitante e a basso costo neppure. È possibile, immaginabi­le, pensare a qualcosa di più esteso rispetto a quanto già organizzat­o dai Corsi lingue e sport? Magari anche invitando gli allievi traballant­i a frequentar­e, verso la fine delle vacanze, corsi cantonali di recupero? E offrendo agli altri la possibilit­à di fare nuove e ulteriori esperienze nel mondo della conoscenza nel senso più ampio possibile? Il tutto, potrebbe servire anche da stimolo per chi si abbandona alla semplice pigrizia (che non è il salutare ozio), rifugiando­si in camera e passando gran parte dell’estate a tu per tu con un (maledetto) schermo. Evitare per tempo certi voli (senza paracadute), è la via migliore nella quale investire.

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