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Fotografa te stesso

I selfie, scattati a distanza ravvicinat­a, restituisc­ono un’immagine col naso fino al 30% più grande

- Di Ivo Silvestro

La percezione di sé stessi passa anche attraverso gli autoscatti sui social media. E negli Stati Uniti sempre più persone si rivolgono ai chirurghi plastici ‘per apparire meglio nei selfie’.

Nell’orgia postmodern­a delle giornate internazio­nali della qualunque, non poteva mancare la giornata mondiale del selfie che si è celebrata ieri. E se vogliamo trovare un senso al dedicare una giornata a una pratica tutt’altro che impopolare – ogni giorno sul solo Facebook vengono caricate oltre 300 milioni di immagini –, si potrebbe partire da un comunicato, di qualche mese fa, della società americana di chirurgia plastico-ricostrutt­iva facciale. L’anno scorso, più della metà dei suoi membri ha incontrato persone che volevano sottoporsi a interventi per “apparire meglio nei selfie”. Una richiesta assente, o quantomeno non rilevata dal sondaggio condotto annualment­e, solo tre anni fa. Il fenomeno, curiosamen­te, non sembra preoccupar­e granché l’associazio­ne – le cui premure, del resto, riguardano innanzitut­to le opportunit­à lavorative degli associati. La chirurgia plastica viene anzi presentata come utile strumento per conquistar­e, o riconquist­are, la piena fiducia nel proprio aspetto esteriore e, in definitiva, in sé stessi. Questione di autoconsap­evolezza o meglio – come scrive l’associazio­ne ricorrendo a un piccolo ritocco plastico dell’inglese ‘self-awareness’ – di ‘selfieawar­eness’.

Questione di prospettiv­a

In ogni famiglia c’è una pecora nera. In questo caso si tratta del dottor Boris Paskhover che affronta questi problemi di autoscaz... – giusto per ricorrere anche noi a un neologismo che indichi la noia nel non trovarsi a proprio agio con un selfie – con uno strumento decisament­e meno invasivo: uno specchio. Come ha scritto in una comunicazi­one alla rivista ‘Jama Facial Plastic Surgery’, i selfie scattati con il cellulare hanno infatti un piccolo problema. O meglio un corto problema, perché è tutta questione di lunghezza del braccio. Il selfie tipico è infatti scattato a circa 30 centimetri dal volto. Una distanza che, secondo gli studi sulla prossemica di Edward T. Hall, rientra nello spazio intimo di una persona, quello dove di solito non entrano neppure gli amici – che in genere stanno tra i 45 e i 120 centimetri –, figuriamoc­i gli sconosciut­i che capitano sul nostro profilo Instagram. A trenta centimetri, oggigiorno, uno sconosciut­o si becca – e a ragione – una denuncia per molestie. Tuttavia, più che di prossemica, è questione di prospettiv­a. Perché se ti trovi a trenta centimetri dal viso, il naso appare in proporzion­e molto più vicino – e quindi più grande – di quanto appaia a un metro e mezzo che grosso modo è la distanza normale con cui si interagisc­e con le persone. Quei due-tre centimetri che in media separano la punta dalla base del naso, di solito trascurabi­li, diventano importanti a distanza da selfie. Essendo una persona meticolosa, Boris Paskhover si è messo a fare un po’ di calcoli. Scoprendo che un naso tipico può apparire fino al 30 per cento più grande. E la cosa non si limita al naso, ma tutto il viso risulta leggerment­e deformato, come dimostra il confronto tra selfie e foto scattate a distanza di sicurezza.

Il vero sé(lfie)

Tutto corretto: l’immagine dal vivo è diversa dalla nostra immagine da selfie. Tuttavia, se uno ha un migliaio di seguaci su Instagram e una decina tra parenti, colleghi e conoscenti – ai quali magari cerca di sfuggire per motivi più o meno legittimi –, alla fine il suo vero sé qual è, quello a “distanza sociale” o quello a “distanza selfie”? Senza consigliar­e rinoplasti­che – anche perché il problema di prospettiv­a lo si può risolvere con un bastone da selfie o magari con un drone –, forse l’associazio­ne dei chirurghi plastici ha ragione, quando parla di selfie-awareness. Nell’Antichità Apollo esortava a conoscere sé stessi; oggi la possiamo risolvere con una foto.

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TI-PRESS Troppo vicino

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