Un muro per la Speranza
A Torino un significativo progetto di riqualifica urbana e una parete diventa opera multimediale
Un artista, un musicista e un gruppo di studenti. Un’opera collettiva da vedere e ascoltare, da esplorare palmo a palmo su internet, per crescere nel segno della creatività...
A Torino c’è un muro. È stato dipinto da Giuseppe Caccavale sul retro di un liceo artistico, anche se non è proprio così perché a dipingerlo sono stati in gran parte gli studenti. È pure un muro che suona, anche se non è proprio così perché a suonare è una versione web del muro, muovendosi sulla quale è possibile ascoltare ciò che Stefano Gervasoni ha composto: per fare l’esperienza si veda il sito www.webwallwhispers.net. Non si tratta pertanto di un semplice muro. È chiamato ‘Segni per la Speranza’, risultato di un percorso complesso promosso dalla Fondazione Spinola Banna per l’Arte in reazione a uno stimolo del Ministero della cultura italiano che ha chiesto un progetto di riqualifica di una periferia urbana. L’aspetto più interessante di questi ‘Segni per la Speranza’ è processuale e metodologico. Infatti i due artisti coinvolti (Caccavale e Gervasoni) hanno tentato di rinunciare quanto più potessero alla propria individuale autorialità e di dare luogo a un’opera collettiva e multidisciplinare, mettendosi al servizio di un percorso di costruzione i cui protagonisti sono stati cinquanta studenti del liceo, ai quali Caccavale ha fornito alcuni stimoli letterari e visivi; e dei quali ha ascoltato le reazioni che si sono piano piano trasferite nel dipinto murale, grazie anche alla preparazione fatta dal Centro per il restauro della Venaria Reale.
Un artista collettivo
«Ognuno ha polverizzato la propria personalità», ha dichiarato Caccavale ottenendo il consenso di Gervasoni, il quale ha risposto di avere lavorato con l’obiettivo di «fondere le personalità in un’unica personalità creatrice, andando verso l’artista collettivo». Il processo è complesso e le ore trascorse ad ascoltare le presentazioni, a vedere il muro e ad accedere alla versione telematica e musicale (che è a disposizio-
ne di chiunque, attraverso il sito citato sopra) non sono state sufficienti a dipanare le stratificazioni. Possiamo dire che, in termini di esperienza fisica e ottica, vediamo la grande superficie di una palestra scolastica affacciarsi ai campi di periferia con onde fatte di parole che appartengono a più idiomi (sono le lingue parlate da chi ha partecipato al progetto) e che evocano il rimbalzo dei palloni dentro la palestra. In termini di esperienza acustica, accedendo al sito dell’opera murale, muovendoci sulla riproduzione della sua superficie e utilizzando le funzioni di ingrandimento e allargamento, accediamo a una serie di strati espressivi composti con le letture dei testi dipinti, i rumori di cantiere e la musica composta da Gervasoni.
Strumenti o autori?
Un altro aspetto interessante è la relazione tra il lavoro collettivo e l’espressione delle singole personalità, in particolare dei due artisti delegati, sul fronte sonoro e su quello visivo, alla guida del percorso. La questione che infatti si pone, analizzando tale relazione, è: quanto gli studenti e i tecnici che hanno lavorato alla costruzione del risultato finale sono degli strumenti e quanto sono degli autori? A questo riguardo, il concetto di speranza espresso nel titolo è significativo di una dimensione temporale proiettata verso il futuro e di un auspicio che possiamo interpretare come un atteggiamento fecondo che non ha ancora generato il risultato al quale ambisce. Sia guardando il muro, infatti, sia agendo sul sito internet, il fruitore ha la sensazione di accedere comunque all’espressione delle due singole personalità di Caccavale e di Gervasoni. Tale sensazione è anche il frutto del livello di maturità di noi del pubblico, convocati dal richiamo dei due nomi e disposti a metterci a confronto soprattutto con i due artisti. L’auspicio espresso nel titolo dell’opera così si rivolge anche a noi e alla nostra capacità di prendere in carico il lavoro collettivo senza cercare giocoforza la singola personalità di riferimento. Entrando infatti nella grande macchina del lavoro non possiamo non tenere conto del contributo autoriale di Guido Suardi per le fotografie utilizzate nel sito, di Andrea Agostini per la parte elettronica, di Ioana Tudose, Junior Volontà, Ludmilla Zoe Marzola, Ashley Giovinetto per la stesura delle frasi utilizzate sul muro (mi limito ad alcuni nomi a titolo di mero esempio). È chiaro che, una volta entrati nella macchina, si ponga l’esigenza di capire come i contributi si siano articolati e come le componenti del lavoro (cioè i testi, i colori, i suoni registrati e composti, le immagini e le parti elettroniche) stiano in relazione con i contributi, tutto ciò fa parte della comprensione dell’opera e ciò costituisce un altro risultato interessante: per accedere all’opera collettiva dobbiamo noi stessi cambiare il nostro approccio e la nostra fruizione.