Erdogan vuole la consacrazione
Per il capo dello Stato, la sola incognita sta nella vittoria al primo turno. Un eventuale ballottaggio sarebbe uno smacco politico bruciante.
Ankara – Vuole la consacrazione, e quasi certamente l’avrà. La sola incognita per Recep Tayyip Erdogan riguarda la necessità o no di dover ricorrere al ballottaggio per venire rieletto presidente della Turchia. Incognita ininfluente ai fini del suo mantenimento al potere, ma non trascurabile, considerato lo smacco per il suo ego smisurato e il significato politico che avrebbe una mancata vittoria al primo turno. Quasi 60 milioni di elettori eleggeranno il capo dello Stato – che guiderà anche il governo – e il nuovo Parlamento. Un appuntamento elettorale anticipato di quasi un anno e mezzo da Erdogan per cavalcare l’ondata nazionalista della guerra ai curdi in Siria ed evitare gli effetti negativi sul voto di una crisi economica avviata ad aggravarsi. Secondo la maggioranza dei sondaggi, Erdogan è tuttavia vicino alla maggioranza assoluta, richiesta per l’elezione al primo turno. Se non ce la dovesse fare, sarebbe tutto rimandato al ballottaggio due settimane dopo. Lo sfidante più accreditato è Muharrem Ince, candidato del socialdemocratico e kemalista Chp, stimato al 30% e in crescita. Nettamente dietro, l’ex ministra degli Interni nazionalista Meral Aksener. Intorno al 10%, invece, Selahattin Demirtas, leader curdo candidato dal carcere, dove si trova da un anno e mezzo con accuse di sostegno al Pkk da lui sempre negate. In un eventuale secondo turno, Erdogan resterebbe favorito, ma gli sfidanti si presenterebbero uniti. Secondo l’opposizione, sulla tv di Stato Trt Erdogan è apparso per 181 ore, Ince per 16, e Demirtas per soli 32 minuti. Nel Paese con il record mondiale di giornalisti in prigione, vige inoltre da due anni lo stato d’emergenza, che limita la libertà di manifestazione e d’espressione. Anche nel voto per il Parlamento sarà cruciale il fattore curdo. Se l’Hdp riuscisse a superare ancora l’elevatissima soglia di sbarramento del 10%, l’Akp di Erdogan – in coalizione con i nazionalisti del Mhp – potrebbe perdere la maggioranza assoluta. Eventualità evocata a sorpresa da Erdogan, che pur definendola improbabile non ha escluso un accordo post-elettorale: con il nuovo sistema il presidente non ha bisogno di un voto di fiducia, ma una coabitazione ne frenerebbe comunque l’azione. A monitorare il voto ci saranno otto organizzazioni internazionali, compreso l’Osce, con 350 inviati nei seggi. Ma le premesse non buone: due osservatori dell’Assemblea parlamentare dell’Osce, sono già stati esclusi perché ritenuti filocurdi. Forti sono i timori di manipolazioni del voto. Ma non è una novità.