Mentiva, ricorso respinto
Sentenza del Tribunale amministrativo federale su Omar Bewar che si opponeva all’espulsione All’inizio dell’iter della domanda d’asilo il 31enne curdo iracheno aveva dichiarato di provenire da Mosul, ma secondo i giudici la sua vera zona d’origine non lo
“Non v’è motivo di considerare l’esistenza di un rischio personale, concreto e serio di essere esposto” in caso di rientro nel suo paese d’origine “a un trattamento proibito dalla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”. Così scrive il Tribunale amministrativo federale (Taf) nella sentenza – datata 7 giugno – con cui respinge il ricorso del 31enne curdo iracheno Omar Bewar contro l’esecuzione del suo allontanamento dalla Svizzera, dove risiede da dieci anni, decisa dalla Sem, la Segreteria di Stato della migrazione. Dopo il sostegno (con maggioranza risicata) espresso lunedì dal Gran Consiglio alla petizione di quasi 5mila persone (in foto la consegna a marzo delle firme), che chiede di non espellere il giovane che vive e lavora a Bellinzona, si apprende ora di un verdetto sfavorevole al parrucchiere che attualmente – scrive il Taf – soggiorna “in Svizzera unicamente grazie alla tolleranza delle autorità cantonali”. L’iter per la richiesta d’asilo è lungo e complesso e ha origine con la deposizione della domanda nel 2008, ritirata dallo stesso Bewar l’anno successivo e in seguito da lui ripresentata. Il Taf ricorda che in quell’occasione il ragazzo ha dichiarato di essere nato e cresciuto a Tilkaif, in provincia di Mosul – dato documentato da una copia della carta d’identità – e di essere stato espatriato in seguito all’uccisione del fratello da parte di terroristi. Poiché nell’ambito di un’altra domanda il 31enne ha invece dichiarato di essere originario di Amadiya, in provincia di Dohuk – allegando copia di documenti che lo dimostravano – nel 2012 la sua provenienza è stata presa in esame da esperti incaricati dall’Ufficio federale della migrazione (Ufm), poi giunti alla conclusione che egli non provenisse da Mosul. Ciò ha portato l’Ufm a respingere la domanda d’asilo nel 2014 e a considerare falsificata la prima carta d’identità fatta pervenire.
Non una situazione di violenza
Nelle dodici pagine del proprio verdetto il Taf si sofferma a più riprese sulla situazione delle zone d’origine del 31enne. E giunge alla conclusione che “attualmente nelle province curde di Dohuk, di Erbil e di Suleimaniya non vige una situazione di violenza generalizzata né tantomeno delle circostanze politiche a tal punto tese da rendere inesigibile l’esecuzione dell’allontanamento”. Neppure i disordini conseguenti al referendum sull’indipendenza del 25 settembre 2017 nel Kurdistan iracheno, né i consigli di viaggio del Dipartimento degli affari esteri (secondo cui il paese sarebbe insicuro e giornalmente soggetto ad attacchi dinamitardi e altri atti terroristici) vengono ritenuti sufficienti dal Taf per evitare il rimpatrio dell’uomo. Bewar non può insomma rientrare nella categoria “réfugiés de la violence”, ovvero stranieri che non adempiono le condizioni della qualità di rifugiato, poiché non sono personalmente perseguitati, ma che fuggono da situazioni di guerra, di guerra civile o di violenza generalizzata.
L’integrazione non basta
Quanto alla buona integrazione del 31enne – patrocinato dall’avvocata Immacolata Iglio Rezzonico – il Taf riconosce la sua “buona volontà nel perseguire obiettivi scolastici e professionali, stringendo altresì legami con cittadini residenti in Ticino, che lo descrivono come una persona ben educata, gentile e dedita al lavoro”. Ma in questa sede l’oggetto del contendere è unicamente l’accertamento delle circostanze che possano eventualmente impedire il suo rimpatrio. “Il grado di integrazione dell’interessato – afferma la sentenza – rientra al contrario nelle considerazioni delle autorità chiamate ad esprimersi sulle domande volte al rilascio di un permesso di dimora (di tipo B, ndr)”. L’unica speranza di Bewar sta ora in questa possibilità, già sondata nel 2015 (con preavviso favorevole della Sezione ticinese della popolazione) e poi respinta dalla Sem per mancato riconoscimento di un caso di rigore.