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‘Quell’ultimo rigore di Baggio’

- *redazione Cantone di Jacopo Scarinci*

Pasadena, 17 luglio 1994. Italia e Brasile – in una partita iniziata alle 12.30 per facilitarn­e la visione nella cara vecchia Europa ma che in California, in estate, a quasi 40 gradi suona come tentato omicidio – hanno inscenato una delle più grandi verità della vita: puoi aver fatto cento cose stupende, verrai ricordato per l’unico errore. Dopo 90 minuti di equilibrio, e dei supplement­ari dove ai calciatori in campo mancava letteralme­nte l’ossigeno, ecco i rigori. Inizio io, inizi tu. Vecchia storia se è meglio calciare per primi o no. Inizia Franco Baresi, con un ginocchio operato e guarito a tempo di record giusto per la finale. Alle stelle. Si accascia, devastato. Fermi tutti però, perché Marcio Santos la piazza, ma Pagliuca c’arriva. Tutto da rifare. Con quei quasi 40 gradi, che di porte te ne fanno vedere tre. Albertini, dentro. Romario, sassata nel sacco. Evani, uno che chiunque si è chiesto che ci facesse lì a calciare in una finale, gol. Branco, chirurgico. Ma l’unica nuvola presente quel giorno a Pasadena vola sopra la nazionale azzurra, perché mancano i due rigoristi migliori. Massaro, centravant­i del Milan di Sacchi, tira una ciabattata che Taffarel para con un balzo da pensionato. E Baggio… un attimo. Perché Carlos Dunga spiazza Pagliuca e fa 3-2. Baggio, si diceva. Che Mondiale da romanzo, quello di Baggio. Sostituito contro la Norvegia dopo l’espulsione di Pagliuca per far posto a Marchegian­i. Polemiche. Ma da lì in poi… A due minuti dall’eliminazio­ne con la Nigeria agli ottavi, pareggio sontuoso e gol partita nei supplement­ari. A tre minuti dalla fine dei quarti con la Spagna, gol della vittoria. In semifinale, una doppietta pazzesca che ribalta la Bulgaria. E quel rigore per cui sarà sempre ricordato. Più alle stelle di quello di Baresi. Le mani sui fianchi, lo sguardo perso. La sua carriera da quel giorno non è stata più la stessa. Il passaggio tragicomic­o al Milan, l’anno buono a Bologna, la parentesi all’Inter, ultima tappa a Brescia. Ma sotto al cielo di Pasadena si spense una stella. Perché com’era? Puoi aver costellato la tua vita di capolavori, ma ti ricorderan­no per l’unico errore. Già.

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