Una samizdat del mondo libero?
Agli tsunami di parole in circolazione, al chiacchierio dei media, ai maremoti d’una contraddittoria “società della comunicazione” si potrebbe aggiungere che il mondo è troppo bello perché ci sia bisogno anche di poeti e di scrittori che ne parlino e sappiano mostrarcelo sotto altri punti di vista. Ci si dimentica tuttavia che, fra tutti gli esseri viventi, soltanto l’uomo è dotato della capacità d’immaginazione e di rappresentazione. Perché voler negare a poeti e scrittori la libertà di celebrare il mondo esprimendone l’intrinseca bellezza, l’originalità, l’autenticità, magari meglio di altri? Quale perversa forma d’anarchia feudale o d’illusoria libertà d’espressione tende, oggi, ad imporci valori “estetici” autocelebrativi, superficiali e consumistici? Perché emargina il locale in nome di un egualitarismo sterile e senza merito? Quale occulto potere guida le masse dei consumatori verso i deserti dell’omologazione e del conformismo se non una politica economica fondata tutta sui grandi profitti? Sulle multinazionali dello spettacolo e dell’intrattenimento? Il fatto di essere costretti, in molti casi, a pubblicare alla macchia si sta, purtroppo, rivelando l’unico mezzo praticabile per aggirare il monopolio delle multinazionali del libro sulla circolazione delle idee e delle informazioni. Una sorta di samizdat occidentale imposta da un regime politico ed economico che esclude chi non rientra nel gioco internazionale dei grossi investimenti finanziari: della sottocultura dell’intrattenimento a pacchetti preconfezionati e immessi sul mercato a metri cubi da grossi investitori senza altri scrupoli che la massimizzazione dei loro profitti. Si deve quindi dedurre che la tradizionale libertà di stampa e d’espressione sia entrata in una crisi epocale poco democratica?
Gabriele Alberto Quadri,
Cagiallo Capriasca