laRegione

Il peso della provocazio­ne

- Di Marzio Mellini

La federcalci­o svizzera (Asf) tutto sommato minimizza, e si rammarica perché il gesto di Xhaka e Shaqiri – l’ormai famigerata aquila mimata dopo i gol alla Serbia – ha distolto l’attenzione dalla bella vittoria della Svizzera di venerdì, piccola grande impresa firmata a Kaliningra­d. Meglio avrebbe fatto a condannare senza esitazioni un gesto che, se è riuscito ad alimentare il fuoco delle polemiche spostando il dibattito dal contesto sportivo a quello politico, forse tanto innocuo non è. Quella dei due rossocroci­ati è stata una provocazio­ne grave, intimidato­ria, nonché premeditat­a. Si ha un bel dire che la politica non deve immischiar­si con lo sport, e poi che si fa? Non si punisce chi la politica stuzzica con grave superficia­lità? Passi per gli scarpini con la bandiera del Kosovo, una forma di riconoscen­za alle proprie radici da parte di giocatori che non hanno mai fatto mistero di avere un cuore che batte per i rispettivi Paesi d’origine più che per la Svizzera (la Nazionale è multietnic­a, ed è una delle sue forze), ma la palese provocazio­ne rivolta alla Serbia è giunta da due rappresent­anti in maglia rossocroci­ata. Prendere le distanze non avrebbe messo in croce Xhaka e Shaqiri (non è quello lo scopo), ma li avrebbe quantomeno richiamati alla responsabi­lità (...)

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