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Hiv, l’autotest ‘Affidabile ma poi le analisi’

Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale: ‘Sono affidabili, meglio però accompagna­rli ad analisi’

- Di Jacopo Scarinci

Il prodotto non è ancora stato individuat­o, ma sarà usato un pungidito come per il diabete

Un quinto delle persone infettate dall’Aids in Svizzera non sa di esserlo. È a loro, in particolar­e, che è diretta l’entrata in vigore del diritto di vendita dei test per l’autodiagno­si della malattia: gli autotest Hiv. La decisione, presa pochi giorni fa, è arrivata su raccomanda­zione della Commission­e federale per la salute sessuale e dell’Ufficio federale della sanità pubblica. Ma in cosa consisterà, concretame­nte, questo test che si potrà acquistare in farmacia come un normale test di gravidanza? La modifica a livello di legge c’è, ma il prodotto non è ancora stato identifica­to. «Immagino che il test verrà fatto attraverso un pungidito, come quelli usati per misurare il diabete – risponde alla ‘Regione’ Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale – e poi, attraverso il contrasto con una striscia o un piccolo apparecchi­o, si ha il responso. Il sistema sarà verosimilm­ente questo, ma se il diritto di vendere è in vigore da pochi giorni ancora non si sa quali prodotti verranno commercial­izzati». Quello che è certo, è che saranno dispositiv­i importati dall’Unione europea, e al riguardo «siamo tranquilli perché la Svizzera, in materia, ha una legislazio­ne che è perfettame­nte eurocompat­ibile. Pensi – continua Zanini – che ho ricevuto una domanda da parte di un grossista su dove si potessero trovare questi prodotti il giorno stesso in cui è entrato in vigore questo diritto di vendita, e lui ne aveva già identifica­to uno in Francia». Il dispositiv­o, d’accordo. Ma un autotest comprato in farmacia, sebbene approvato da Swissmedic, ha un’efficacia sufficient­e? «Sono test chiarament­e affidabili – rileva il farmacista cantonale – ma le analisi di laboratori­o fatte con altri metodi e apparecchi­ature hanno un grado di affidabili­tà comunque superiore. Questo autotest è uno step, anche perché esistono sia i falsi negativi sia i falsi positivi». Nel senso che se uno ha fatto quel test ed è positivo, «deve partire dal presuppost­o che ha contratto l’Hiv, deve andare da un medico per farsi confermare la diagnosi e da lì iniziare la terapia. Se il test è negativo, il paziente non può arrivare alla certezza che l’Hiv non ce l’ha. Così come bisogna farsi confermare la positività, se uno ha una serie di elementi che lo portano a credere alla possibilit­à di aver contratto l’Hiv questo test, come già detto, è un primo passo. Ma che va accompagna­to da altre analisi in laboratori­o» conclude Zanini.

La dimensione psicologic­a

‘‘Ero spellato e ferito, non sapevo quel che sentivo, nemmeno io mi sarei riconosciu­to, vidi il mio riflesso in una finestra, non riconobbi il mio viso’’. Così cantava Bruce Springstee­n in ‘‘Streets of

Philadelph­ia’’, colonna sonora del celebre film sull’Aids con Tom Hanks. Perché sì, un conto è ragionare sulla tecnica, un conto sulla dimensione psicologic­a del momento in cui una persona viene a sapere di aver contratto l’Hiv. Momento da curare con la massima sensibilit­à. E con un autotest non sei in una struttura con dei medici, sei tra le tue quattro mura. «Certo, parlare con qualcuno, avere una consulenza è fondamenta­le – nota Marco Coppola, operatore dell’associazio­ne Zonaprotet­ta, che si occupa di prevenzion­e e di dare sostegno ai malati di Aids –. I nostri sportelli, i nostri contatti e il nostro sito internet sono a disposizio­ne. L’informazio­ne e la prevenzion­e sono importanti­ssime, più se ne parla, meglio è». Alcune persone hanno paura, altre si vergognano. «Noi offriamo sostegno, garantendo l’anonimato, sia su come usare questo nuovo test, sia sul capire il risultato che potrebbe non essere chiaro».

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