Sullo scacchiere
Introdotte quattro anni fa, le sanzioni di Stati Uniti e Ue contro la Russia non hanno prodotto i risultati politici desiderati. Diversi Paesi-membri dell’Ue ne richiedono quindi la rimozione. Produrrebbe una marcata rivalutazione degli attivi russi. È uno scenario plausibile e investibile? La Russia è un grande esportatore di materie prime. L’accesso alle principali rotte marittime è quindi di cruciale importanza per il grande Paese euroasiatico, tanto più che i suoi “pipelines” sono in gran parte rivolti verso l’Ue. L’annessione della Crimea e il conflitto congelato nel Donec garantiscono alla Russia il transito nel Mar Nero. L’integrazione in un progetto di sviluppo economico è la risposta dell’Ue all’instabilità politica strutturale dell’arco Balcani-Caucaso. Include l’Ucraina ed entra così in conflitto con le esigenze russe. La presenza in Siria, il sostegno all’Iran, l’influenza sull’Asia centrale, lo sviluppo delle relazioni con Turchia e Arabia Saudita, l’appoggio all’Opec servono invece a prevenire la chiusura dell’accesso all’Oceano Indiano. La Russia è favorevole allo status quo in Medio Oriente, meno gli Stati Uniti. Gli obiettivi dei tre attori collidono in due regioni. In ogni caso per Russia e Ue rispondono a imperativi di sicurezza. Salvo cambiamenti radicali di strategia o di situazio- ne, è difficile immaginare compromessi o mercanteggiamenti. La rimozione delle sanzioni è dunque improbabile in tempi brevi. Dato il peso della Russia sui mercati delle materie prime, anche un’escalation è poco probabile. Oltre un certo limite, le sanzioni destabilizzerebbero i mercati delle materie prime generando uno shock sull’economia globale. La Russia è un caso d’interconnessione di mercato finanziario e Realpolitik.