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Quando Pasquale lasciava andare la ‘quinta’

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Pasquale fu sagrestano dalla giovinezza alla morte. Lo fece con passione e riconosciu­ta competenza. Non lasciava nulla al caso. Quando poi di domenica si apprestava a guidare il concerto delle campane, il suo impegno si superava. Dai collaudati collaborat­ori campanari, esigeva il rispetto dei minimi particolar­i. Un buon momento prima dell’inizio del concerto, tutti dovevano essere pronti all’interno del campanile con le corde in mano. Lui naturalmen­te ad impugnare la corda del campanone, la “quinta” e a dare le ultime istruzioni, anzitutto quella di tirare in piedi le campane, così d’essere pronte a partire, agendo lentamente in modo che l’impatto del battente risultasse smorzato, soffice. Giunto il momento, ottenuto l’assoluto silenzio, sputato di nuovo sulle mani per migliorarn­e l’adesione alla corda, Pasquale dava gli ordini: giù la una, la due, la tre, la quattro, poi lui con il campanone. È il campanone che suggella la qualità del “concerto lombardo”. Il suo rintocco deve perciò giungere puntuale, trascorso quell’attimo di attesa. Pasquale conosceva il sistema per creare l’effetto voluto e allo scopo frenava per un po’ lo scorrere della corda, quella corda che aveva pressoché annerita con lo sputare sulle mani, mentre masticava l’ultimo pezzo di toscano. Pasquale, oltre il sagrestano, faceva il contadino con tanto di mucche da accudire, di prati da sfalciare, di terreni da lavorare. Al mattino si alzava prestissim­o e dopo la colazione con pane e latte, partiva per la chiesa a suonare l’Avemaria delle cinque (le cinque di mattina!!). Non in ogni casa c’erano sveglie o orologi, ma ad avvertire che si fosse in prossimità delle cinque, ci pensava il battere delle zoccole di Pasquale sul selciato delle viuzze. Suonata l’Avemaria, tornava a casa, entrava nella stalla, si metteva seduto sullo sgabello con le spalle appoggiate al muro e tolta la corona dal taschino, recitava il rosario ad alta voce. Ma perché ricordare il signor Pasquale? Perché mi si è raccontato d’una sorta d’azione che pare in corso in Ticino e altrove, volta a limitare se non proprio a far smettere l’uso delle campane, ritenendol­e fonte di rumore molesto. Ad onor del vero di rumori molesti ne è piena l’aria, loro le campane, suonano! D’altronde non fa male evocare un mondo che fu dei nonni degli attuali giovani. Il signor Pasquale l’ho conosciuto e di recente ne ho parlato con un figlio di un suo figlio, un nipote quindi, vicino agli ottanta come il sottoscrit­to. Accomiatan­doci, il nipote di Pasquale mi salutò così: “Eh sì, caro mio, i tempi sono cambiati!”. Mi pare di aver udito sua moglie sussurrare: cambiati sì, ma non tutto in meglio. Se veramente l’ha detto, la pensa come me.

Abbondio Adobati, Melide Le lettere dei lettori sono da inviare compilando il formulario al seguente indirizzo: www.laregione.ch/lettere/invia. Devono essere personali e inoltrate con nome, cognome, domicilio e recapito telefonico reperibile per il necessario controllo. In mancanza dei dati la lettera sarà bloccata. Ogni lettera viene pubblicata con la firma dell’autore, salvo gravi controindi­cazioni accettate dal giornale. Scritti anonimi sono cestinati. Interlocut­ore è il giornale. Sono da evitare riferiment­i a persone terze. Non verranno pubblicate lettere che coinvolgon­o privati cittadini. Sono escluse le “lettere aperte” se non in casi eccezional­i. Scritti manifestam­ente infondati, non redatti in termini urbani, ingiuriosi od offensivi non saranno pubblicati. Comunicati, prese di posizione ufficiali sono di regola trattati in cronaca. La redazione si riserva di accorciare i testi. Gli scritti pubblicati non impegnano il giornale. Viene data assoluta priorità alle lettere indirizzat­e esclusivam­ente al nostro giornale

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