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Svizzera, il pericolo sta anche in panchina

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Più che al calcio, Gelendzhik fa pensare alle vacanze. Adagiata sulla costa settentrio­nale del mar Nero, la città di circa 50’000 abitanti ha tutto per un soggiorno rigenerant­e: temperatur­e oltre i 30 gradi, spiagge e mare. A rivitalizz­are la Svezia – che proprio lì ha il suo campo base – però è stato soprattutt­o il tecnico Jan Olof “Janne” Andersson, ormai famoso in patria come l’allenatore del “miracolo di Milano” (0-0 a San Siro dopo l’1-0 di Stoccolma che ha permesso agli scandinavi di superare l’Italia nello spareggio). Un’impresa che gli ha regalato un credito enorme tra stampa e tifosi e che gli ha consentito di gestire tutto sommato bene la vicenda Ibrahimovi­c, con la star svedese dei Los Angeles Galaxy ritiratasi dalla nazionale dopo gli Europei del 2016 (proprio quando il 55enne ha preso in mano la squadra) che aveva dato la propria disponibil­ità a tornare a vestire la casacca gialloblù per i Mondiali, salvo ricevere risposta negativa da parte del ct. E dopo il 3-0 al Messico che ha regalato a sorpresa a capitan Granqvist e compagni il primo posto nel girone F, la stampa scandinava ha sottolinea­to proprio come a questa Svezia Ibra – che dal canto suo ha dichiarato di aver «dominato per tanti anni il mondo, ora tocca alla Svezia» – non serva più. Tra le mosse azzeccate da Andersson, anche quella di mettere la fascia al braccio del 33enne difensore del Krasonadar, che tra l’altro per essere in campo contro la Svizzera è disposto a perdersi la nascita del suo secondo figlio (il termine è previsto proprio martedì).

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KEYSTONE Il ct ‘Janne’ Andersson

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