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Sfiducia fra le due sponde dell’Oceano

Straordina­ria la velocità con la quale il centro di gravità economico del mondo sta spostandos­i verso Est

- di Danilo Taino

Secondo la ricostruzi­one del McKinsey Global Institute, nel 1940 era più o meno in Norvegia e nel 1950 poco a nord dell’Islanda: pienamente Atlantico quando il dominio di Stati Uniti ed Europa era indiscusso. Poi, ha cambiato direzione e ha iniziato a tornare verso Oriente: a nord della Finlandia nel 1990, nell’Artico sopra la Russia nel 2000, nel cuore della Siberia nel 2010 e, si prevede, più o meno sul confine tra Russia e Cina nel 2025, poco più a settentrio­ne di dov’era nel 1820 prima della grande industrial­izzazione dell’Occidente. Nei calcoli dell’Institute, basati sui Pil dei Paesi, lo spostament­o avviene a 140 chilometri l’anno, la velocità maggiore mai registrata.

Lo scontro transatlan­tico

fra Europa e Usa

Lo scontro transatlan­tico che sta maturando, anche in questo caso con rapidità, tra Stati Uniti ed Europa va dunque letto sia come una reazione di entrambi a questo movimento tettonico dell’economia sia come un accelerato­re. Che l’ordine mondiale fondato sul dominio dell’Atlantico sia avviato a finire è probabilme­nte sicuro. Succede però che America ed Europa stanno lavorando per accelerare il fenomeno.

Tamburi di guerra

Lo scontro sulle tariffe tra le due sponde atlantiche non è ancora una guerra. I rumori di battaglia sono però forti. A inizio giugno, Donald Trump ha lasciato che scadessero le esenzioni sulle tariffe per le importazio­ni dall’Ue di acciaio e alluminio. Il 22 giugno, sono entrate in vigore le misure di ritorsione europee (tariffe del 20%) su 2,8 miliardi di euro di importazio­ni di motociclet­te, bourbon, jeans e altro dagli Stati Uniti. Al che Trump ha minacciato di introdurre dazi su 60 miliardi di dollari di auto e parti di ricambio importate dall’Europa.

È così che iniziano le guerre commercial­i: l’approccio della Casa Bianca verso l’Europa è simile, da questo punto di vista, a quello perseguito contro la Cina

Se avverrà, come si ritiene probabile, la Ue potrebbe a sua volta decidere altre ritorsioni. È così che iniziano le guerre commercial­i: l’approccio della Casa Bianca verso l’Europa è simile, da questo punto di vista, a quello perseguito contro la Cina.

Effetti concentrat­i in alcuni Paesi

In sé, tariffe americane del 20% su auto e componenti europee, rispetto all’attuale 2,5%, non sono devastanti per l’economia Ue, anche se sarebbero sette volte superiori a quelle su acciaio e alluminio. La società di analisi Oxford Economics ha calcolato che il loro impatto diretto provochere­bbe uno 0,1% in meno di crescita nella Ue. Il problema è che l’effetto sarebbe concentrat­o in alcuni Paesi. La Germania, per esempio, potrebbe vedere il suo Pil ridotto dello 0,8%, non poco. La Slovacchia addirittur­a dell’1,7% e soffrirebb­ero parecchio anche la Repubblica Ceca e l’Ungheria (l’Italia avrebbe un Pil che cresce dello 0,12% di meno). È che la catena della produzione nell’industria automobili­stica attraversa più Paesi e quindi i dazi non colpiscono solo direttamen­te chi esporta Bmw, Audi, Mercedes e Volkswagen, ma anche le imprese, non necessaria­mente tedesche, che hanno contribuit­o a produrre quelle auto (non escluse quelle italiane).

Peso sull’industria dell’auto tedesca

La situazione dell’industria dell’auto tedesca è in questo momento particolar­mente delicata. Nel 2017 ha esportato negli Stati Uniti più di 490mila auto. Una parte delle tariffe di Trump, forse un quarto, la potrebbero sostenere i produttori riducendo i margini sulle auto di lusso, ma una parte finirebbe sui prezzi, con una probabile riduzione delle vendite. A questo scenario si aggiunge il rischio di un non accordo con Londra sull’accesso al mercato europeo una volta che la Brexit sarà effettiva, la prossima primavera: il Regno Unito è il maggiore Paese di esportazio­ne per le auto tedesche, 770mila nel 2017. Se subissero ostacoli nei due loro maggiori mercati di esportazio­ne, i grandi produttori della Germania sarebbero in notevoli difficoltà. Cioè verrebbe colpito il settore industrial­e più importante della Germania e uno dei maggiori in Europa: un fatto molto rilevante sul piano politico, oltre che economico. Daimler, Bmw, Volkswagen stanno dunque cercando un accordo con Washington per evitare l’escalation dello scontro. Addirittur­a propongono, appoggiate dall’ambasciato­re americano a Berlino Richard Grenell, un mercato transatlan­tico dell’auto senza alcuna tariffa.

Il problema è la politica

Il problema, però, è la politica. La sfiducia tra le due sponde dell’oceano è elevatissi­ma. Trump non perde occasione per attaccare la Germania e Angela Merkel. Ma anche da parte europea si suonano i tamburi. Pochi giorni fa, il presidente del Consiglio Ue, Donald

Tusk, ha detto che, per quel che riguarda la relazione con l’America, l’Europa «deve essere pronta allo scenario peggiore». Ha aggiunto: «Nonostante i nostri sforzi instancabi­li per tenere unito l’Occidente, le relazioni transatlan­tiche sono sotto un’enorme pressione dovuta alle politiche del presidente Trump: sfortunata­mente, le divisioni vanno oltre il commercio».

Lo strumento della web tax

Una tensione del genere non c’era mai stata, tra Washington e l’Europa. Da un lato, Trump avanza senza esitazioni sulla strada delle guerre commercial­i che «si vincono facilmente». A Washington,

d’altra parte, cresce l’irritazion­e per una serie di scelte europee, a cominciare da quelle contro i giganti del web, che gli americani ritengono mosse da altrettant­o protezioni­smo, solo mascherato. E trovano consensi, nella loro lettura, anche di qua dall’Atlantico. La proposta di web tax sulle grandi digital companies «sarebbe più uno strumento per intraprend­ere una guerra commercial­e che una tassa normale», ha sostenuto Clemens Fuest, il presidente di uno dei centri di studio economico più influenti della Germania, l’Ifo di Monaco. Insomma: pessime onde sull’Oceano Atlantico. Mentre il centro del mondo economico corre verso Oriente.

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KEYSTONE ‘E intanto il centro del mondo economico corre verso Oriente’

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