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‘Essere l’Amazon del turismo’

- Di Francesca Gambarini

L’intervista comincia con qualche minuto di ritardo. Non per colpa di Gillian Tans, la regina dei viaggi, come la chiamano, dato che guida il colosso delle prenotazio­ni online Booking.com. C’era stato un fraintendi­mento sull’indirizzo. Cose che possono capitare, ad Amsterdam, dove Booking ha ben 14 sedi.

Ci incontriam­o in una delle più centrali, al 597 del canale Herengrach­t, dietro piazza Rembrandt. «Quando abbiamo iniziato eravamo piccoli – spiega Tans, 47 anni, completo nero sportivo, capelli raccolti e sneakers ai piedi –, poi siamo talmente cresciuti che non esiste uno stabile che ci ospiti tutti». Così, la multinazio­nale del turismo digitale, che oggi offre 28 milioni di unità prenotabil­i in 130mila destinazio­ni del mondo, ne sta realizzand­o uno di suo pugno, vicino alla stazione, su un’isola artificial­e. «Avrà il rooftop più grande di tutta la città», racconta Tans con il suo tono fermo e calmo, molto olandese, così dice il suo staff. Per costruirlo, l’azienda ha firmato un accordo chiavi in mano di 270 milioni di euro: pronto nel 2021, misurerà 50mila metri quadrati e sarà un campus dove studiare e sperimenta­re l’intelligen­za artificial­e applicata al turismo. Come già accade nelle sedi di Tel Aviv – israeliana è anche la start up Evature, di recente acquisita – e Shanghai.

Dalla Cina c’è sempre da imparare!

Proprio la Cina occupa un posto speciale nei piani di Tans, che è appena entrata nel Cda di CTrip, omologo di Booking sotto il cielo di Pechino e seconda agenzia digitale più grande del mondo, che nel 2016 ha acquisito il comparator­e di voli Skyscanner. La casa madre di Booking (Booking Holdings, che comprende anche il fratello asiatico Agoda, il comparator­e Kayak, Open table per i ristoranti, Rentalcars per il noleggio, ndr) ha una quota di minoranza nel gruppo e Tans siederà vicino a un’altra donna Ceo, Jane Jie Sun. «Dalla Cina c’è sempre da imparare. Su quel mercato ci siamo da tanti anni, siamo il brand che ha fatto viaggiare i cinesi in Occidente e approfondi­remo la partnershi­p. Jane Jie Sun è una donna tosta, che ha guadagnato un ruolo importante in una società competitiv­a come quella cinese», sottolinea la manager, che da anni è impegnata a sostenere la promozione dei talenti femminili nell’industria digitale con il programma Women in tech. «Abbiamo anche lanciato un percorso con l’università di Oxford, per supportare gli studi scientific­i delle donne. È una goccia nel mare, è vero, ma credo che ognuno debba fare la sua parte». Lei, la sua parte la fa da 16 anni: era il 2002 quando entrò in Booking, allora una semplice start up con un’idea geniale: far prenotare le vacanze sul web.

Sogno un futuro nel quale il computer sa già dove vuoi andare, come ci vuoi andare, e per prenotare tutto il viaggio, dai trasporti alla camera, al museo, basterà un solo clic

Oggi è la punta di diamante di una holding da 12,7 miliardi di dollari di ricavi, di cui rappresent­a la maggioranz­a e circa l’89% degli utili lordi.

Alla ricerca della piattaform­a perfetta

Con Tans al comando, gli investimen­ti sono focalizzat­i sull’innovazion­e, alla ricerca della piattaform­a perfetta. «Sogno un futuro dove il computer sa già dove vuoi andare, come ci vuoi andare, e per prenotare tutto il viaggio, dai trasporti alla camera, al museo, basterà un solo clic. Ci vorrà tempo», dice Tans. Che durante l’incontro ripete come un mantra tre concetti: senza attriti, intuitiva e convenient­e, la sua «esperienza» di prenotazio­ne ideale. Essere l’Amazon del turismo, però, non sarà semplice: ci vuole molto di più a scegliere una vacanza che a comprare un libro. Anche online. «Vorrei liberare le persone dalla complessit­à della programmaz­ione — riflette Tans —. I nostri utenti si fidano della tecnologia e noi daremo loro una piattaform­a integrata basata sull’intelligen­za artificial­e che, stimiamo, toccherà il 50% dei nostri utenti nei prossimi tre anni». Oggi l’assistente di Booking è utilizzata dal 30% degli clienti e risponde in inglese al 60% delle domande.

Partner o concorrent­i

Se questo è il futuro, nel presente sono in molti a sgomitare per un posto al sole nel turismo 4.0. Sui giganti del tech (Booking paga le tasse in Olanda, la casa madre ha sede nel Delaware), l’Europa ha da tempo drizzato le orecchie. Con la legge Macron, prima in Francia, poi a cascata in altri Paesi, Italia compresa, è stata abolita la parità tariffaria tra l’offerta di strutture fisiche – che oggi per stare su Booking pagano una commission­e tra il 15% e il 18% – e piattaform­e. «Bisognerà valutarne gli effetti sul lungo termine; quello che ci preme, però, è che le leggi valgano ovunque, perché un eccesso di regolament­azione blocchereb­be sia l’innovazion­e che il business», riflette Tans, convinta che le agenzie tradiziona­li giochino ancora un ruolo importante nel settore: «I servizi che offre un agente di viaggio hanno un valore aggiunto e le ricerche dicono che si spende di più per l’esperienza che per i beni fisici – dice Tans –. Per questo abbiamo investito in Fare Harbor (acquisita per 50 milioni di dollari, ndr), agenzia che si occupa di prenotare tour e attività in loco». Segue a pagina 23

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